Nasce SMS – Scuola per Manager Sostenibili

La missione di TIM è quella di supportare le Aziende nelle fasi di sviluppo e/o di ristrutturazione, affiancandole nella gestione del cambiamento

Nasce SMS – Scuola per Manager Sostenibili

Ne parliamo con il fondatore Fabrizio Favini

La sostenibilità è un tema epocale, perché ha a che fare con il passaggio da un sistema economico che presuppone la disponibilità illimitata di risorse – materie prime, terra da coltivare, spazio per costruire, mercati, consumatori, manodopera, aria, acqua – ad un altro sistema economico consapevole che queste risorse sono invece disponibili in quantità limitata.

Partiamo da un dato di fatto: la maggioranza delle aziende spreca più capacità umane di quelle che riesce a mettere a frutto. La stragrande maggioranza dei Collaboratori svolge compiti che non richiedono creatività, iniziativa, intelligenza critica, entusiasmo.

Tutto ciò costituisce un enorme spreco di potenzialità, attitudini e motivazione poiché i Collaboratori non si sentono né liberi di contribuire al successo dell’Azienda né padroni di realizzare con passione la propria soddisfazione.

La sostenibilità: un nuovo modello per tornare a crescere 

Per questi motivi è necessario, prima di ogni altra cosa, liberare la creatività sepolta all’interno delle aziende, sviluppare e infondere fiducia, stimolare il coraggio per il nuovo, vivere i cambiamenti senza più subirli, ridurre le distanze tra le persone, alimentare la soddisfazione.

Sono i valori alla base del modello dello sviluppo sostenibile che non possono più essere considerati estranei all’Impresa bensì devono diventare parti integranti del suo modello di business.

Orientare l’Azienda alla sostenibilità – sociale, economica, ambientale – è diventata un’esigenza inderogabile quanto impellente.

 Pertanto è necessario e urgente

  • adottare ed applicare un nuovo concetto di crescita, sia aziendale che individuale, che metta in armoniosa sintonia tutti quei valori che finora gli Azionisti non hanno preso in considerazione;
  • seguire la strada della ricomposizione, valorizzando la singolarità contributiva di ciascuno, per collegare un mondo iper frammentato, pieno di paradossi, contraddizioni, diseguaglianze, muri, esclusioni;
  • adottare  un differente spirito imprenditoriale che sappia  coinvolgere e creare benessere per tutti i Portatori di interesse, direttamente o indirettamente coinvolti ed impegnati nel successo dell’Azienda; 
  • operare una trasformazione da capitalismo finanziario a capitalismo più responsabile e sostenibile che riduca gli squilibri economici e sociali preservando l’ecosistema ambientale.

Questi obiettivi, altamente sfidanti, fanno chiaramente intendere come sia molto difficile mettere a fuoco un cambiamento di così ampia portata in assenza di nuovi, adeguati, consistenti e coerenti modelli di Leadership e di Management. 

Alcuni dati che possono aiutare a comprendere la portata del cambiamento in atto:

  • Secondo il  rapporto UnionCamere 2020, sulla base delle previsioni del modello Excelsior, un terzo dei fabbisogni di competenze fino al 2024 verrà assorbito dai temi della sostenibilità e del digitale, dove la sostenibilità da sola rappresenta il 19% del totale.
  • Tra i circa 2,7 milioni di persone che entreranno nel mondo del lavoro nei prossimi 5 anni il 62% dovrà avere competenze sui temi della sostenibilità, un requisito sempre più richiesto dal mercato.
  • Il 10 ottobre 2020 il Corriere della Sera riporta questa affermazione di Silvia Candiani, CEO di Microsoft Italia: “Oggi quasi il 40% delle aziende dice che non cambia modello di business perché manca di persone competenti”.
  • Pietro Ichino ha scritto: “Già solo per le competenze tradizionali le aziende non trovano risorse. A fine 2019 vi erano in Italia 1,2 milioni di posti di lavoro scoperti per mancanza di competenze (fonte UnionCamere e ANPAL). Immaginiamoci lo sforzo e le difficoltà se le competenze richieste sono eccezionali, come quelle richieste dalla sostenibilità a tutto tondo. Infatti, la difficoltà di reperire le figure è direttamente proporzionale alla professionalità”. 
  • “Il problema principale per le nostre aziende continua ad essere la difficoltà nel reperire collaboratori con competenze adeguate” (ISTAT: limite alla crescita – Nota sullo stato dell’economia, Gennaio 2022)

Perché SMSSCUOLA per MANAGER SOSTENIBILI

Ci risponde Fabrizio Favini, consulente alle imprese dal 1975 e fondatore di SMS: “perché è necessario ed improcrastinabile produrre, trasferire, applicare, consolidare e diffondere un nuovo paradigma manageriale che integri le competenze gestionali e di business con una ampia visione della responsabilità sociale dell’Azienda, mettendo il proprio Capitale Umano al centro del processo di innovazione.

La nostra nuova Scuola si distingue da analoghe iniziative in quanto sviluppa e valorizza non solo la dimensione etica della sostenibilità, in buona parte già acquisita e praticata, ma valorizza e sviluppa anche la dimensione estetica propria dell’Umano per generare un futuro più bello, attraente ed appassionante, oltre che più giusto”.

“Noi formiamo Manager Sostenibili, prosegue Favini, appassionati nel creare nuovo valore nelle Imprese e nelle Istituzioni, aiutandoli a diventare veri propulsori, capaci di promuovere e realizzare una SOStenibilità che sia insieme sociale, economica, ambientale.

E’ un tema epocale quello della SOStenibilità perché ha a che fare con il passaggio da un sistema economico che presuppone la disponibilità illimitata di risorse – materie prime, terra da coltivare, spazio per costruire, mercati, consumatori, manodopera, aria, acqua – ad un altro sistema economico consapevole che queste risorse sono invece disponibili in quantità limitata”, conclude Favini.

In sintesi, quelle che SMS offre al Mercato sono competenze particolari, originali, molto innovative e abilitanti al nuovo modello di impresa sostenibile.

Obiettivi della scuola

  • Modellare e rilasciare skill coerenti per manager sostenibili, senza i quali la sostenibilità sociale, ambientale ed economica delle imprese è destinata a restare soltanto un paradigma teorico, privo di applicazione concreta.
  • Supportare il manager nell’implementazione dei principi della sostenibilità a specifici processi applicando così i modelli acquisiti durante la frequentazione della SMS alla realtà operativa della propria Organizzazione.
  • Fornire alle aziende un supporto completo, adeguato e qualificato per aiutarle nell’impegnativo sforzo di trasformare la propria cultura.
  • Formare la Persona alla dimensione estetica della sostenibilità come prassi vincente e differenziante.

A chi si indirizza SMS

  • A tutte le Aziende consapevoli che far evolvere il proprio modello di business non è un’opzione bensì una condizione di sopravvivenza. 
  • A manager impegnati nel reskilling delle proprie competenze, indispensabili per sviluppare e applicare modelli di sostenibilità sociale, ambientale ed economica all’interno della propria Organizzazione.
  • Ad aspiranti manager della sostenibilità, motivati a ricoprire tale ruolo presso aziende, enti e organizzazioni impegnate a (ri)progettare il proprio futuro.

Le caratteristiche della scuola

  1. È un incubatore in cui ricercare e sviluppare apprendimento su 3 livelli: 
    • sapere: trasferimento ed acquisizione di cultura, saperi, modelli ed esempi di riferimento funzionali al nuovo stile di management;
    • saper fare: traduzione di cultura e di saperi in competenze applicabili e riscontrabili nei nuovi comportamenti; 
    • saper essere: realizzazione di sé come manager sostenibile a garanzia dell’eccellenza prestazionale nel nuovo ruolo.
  2. È un facilitatore di execution in quanto supporta ed orienta il neo-manager nella realizzazione del processo aziendale della sostenibilità. 
  3. È un brodo di coltura di autorealizzazione e di diffusione della sostenibilità all’interno della specifica organizzazione e presso i relativi Stakeholders.

 

Fabrizio Favini, nel mondo della consulenza alle imprese dal 1975, si occupa di sviluppo di risorse umane sul fronte del business development. 

Facilitatore e formatore, opera interventi per l’adeguamento del comportamento e per l’aumento delle performance, sia individuali che di gruppo. 

Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: La vendita di relazione (Il Sole 24 Ore, 2002); La vendita fa per te (Il Sole 24 Ore, 2012); SCUOTIAMO L’ITALIA! Non abbiamo mai avuto così poco tempo per fare così tanto ( Franco Angeli, 2014).


Scopri il programma della scuola e come iscriversi

2021 un anno record per le M&A, ma il futuro è incerto

Il 2021 è stato per l’Italia un anno record per gli investimenti M&A in termini di crescita e volumi: si è registrata una crescita record per i deal 27,3% rispetto al 2020, corrispondente a un volume di circa €85,5 miliardi ( i settori più performanti sono stati quello chimico e industriale, il settore consumer e technology ). Lo scorso anno il volume degli investimenti era meno della metà, €39 miliardi.  

I numeri record 2021: bilancio complessivo e la distribuzione sul territorio

La crescita esponenziale degli investimenti è sottolineata da ben 18 operazioni di controvalore superiore a €1 miliardo (erano 10 nel 2020), per un valore di oltre €60 miliardi; anche il mid-market, con un totale investito di circa €24,6 miliardi, si posiziona in un trend di crescita vigoroso con un 55,4% in più rispetto all’anno precedente. 

Anche i numeri legati alle performance del Private Equity si sono notevolmente incrementati: parliamo di 166 operazioni concluse, quindi il 23,5% sul totale delle operazioni ( ben 21 miliardi contro gli 8,3 miliardi del 2020 ).

I dati si presentano però in modo disomogeneo nelle diverse zone dell’Italia, dimostrando uno squilibrio tra settori e aree, ma sono comunque dati in linea con lo sviluppo e la suddivisione della rete imprenditoriale in Italia. 

I deal sono stati 705 così suddivisi: 

  • 331 operazioni a Nord-Ovest del paese, prevalentemente nel settore industriale e manifatturiero;
  • 197 operazioni a Nord-Est, in prevalenza nel settore industriale;
  • 139 operazioni nel Centro Italia, settore industriale; 
  • 38 operazioni a Sud, in particolare nel settore energetico. 

Emerge dal report “M&A in Italia – Review 2021 e Preview 2022”, realizzato annualmente da EY, che la previsione sul mercato M&A  per il 2022 è In linea con quanto accaduto nel 2021, ovvero un andamento estremamente positivo ma per cui bisogna tenere conto di alcuni elementi che possono impattare negativamente sulla crescita: 

  • pandemia e rischio di nuovi lockdown;
  • andamento inflattivo, in particolare nel settore energia, che andrà a influenzare negativamente la ripresa dei consumi;
  • tenuta del debito e dello spread, qualora ci fossero ulteriori shock pandemici o eventi legati all’instabilità del governo.

Per quanto riguarda la crescita nel 2022, il modello econometrico EY individua una forchetta variabile tra il +3,5% e il +5%. 

Marco Daviddi (Strategy & Transactions Markets Leader Europe West, EY Strategy & Transactions Leader Italy) prevede che le riserve di denaro non ancora utilizzate dai private equity, ma anche le riserve economiche accantonate dalle famiglie e dalle imprese italiane, si mantengano su livelli molto alti. 

Daviddi, riferendosi alla crisi innescata dal Covid-19, afferma che avrebbe accelerato il processo di trasformazione: “Questo fenomeno è destinato a perdurare in vari settori: la necessità di operare una veloce trasformazione dei modelli di business e operativi, all’insegna della revisione delle catene di fornitura, dell’efficienza operativa e della definizione di nuove modalità di ingaggio dei clienti, in un contesto, quale quello italiano, di limitata disponibilità di capitale specie nelle PMI, continuerà a favorire una dinamica M&A solida. Molte grandi operazioni sono attese nel 2022 nei settori delle telecomunicazioni, life science ed energia.”

I settori nel dettaglio: Telecomunicazioni

La crisi del Covid-19 ha certamente accelerato la domanda di connettività. Infatti secondo il report di Agcom, nel 2020, il volume di traffico dati quotidiano su linee broadband in Italia è cresciuto del 49,5% rispetto al 2019. Ancora in crescita nel corso del 2021, gli investimenti nel settore TMT hanno raggiunto i €20 miliardi, con una crescita significativa rispetto agli €8 miliardi del 2020. 

Protagonisti, con circa il 53% del volume degli investimenti nel settore, sono i fondi PE, Private Equity, destinati alle High Grow Companies. La forte domanda di connettività unita all’incremento del traffico sulle reti non sono stati completamente monetizzati, come si evince dal report, a causa dei contratti ‘bundle’ o “all inclusive” che ormai dominano il mercato, con impatti sulla marginalità del settore.  

Per questo gli operatori del settore TELCO sono alla ricerca di opportunità per sostenere e valorizzare il portafoglio clienti. In che modo lo fanno? Puntando alle partnership con i content providers. Mettere in risalto le infrastrutture è un tema di grande attualità, infatti l’innovazione sulle infrastrutture godrà dei benefici delle progettualità e dei fondi disponibili derivanti dal PNRR, per il quale si stima un impatto al 2026 per circa €50 miliardi.

I settori nel dettaglio: Life Science

Durante la prima metà del 2021, si è riscontrato un ritorno alla normale attività di negoziazione per il settore life sciences, con un forte volume di operazioni. 

I protagonisti del settore volgono le loro attenzioni sulle fusioni e acquisizioni per innovare e massimizzare il potenziale dei loro portafogli. In Italia nel 2021 si sono registrati investimenti pari a €2 miliardi, più del doppio rispetto al 2020. La spinta arriva dal Private Equity, soprattutto tramite operazioni di add-on promosse da aziende già in portafoglio ( imprese che mostrano un forte interesse per le categorie dei centri diagnostici e di ricerca, della medicina di prossimità e dei laboratori di analisi ).

Per il 2022 il flusso dei potenziali sviluppi di portafoglio rimane ancorato ai settori della diagnostica, della tecnologia biomedica, dell’home-care e del beauty. Oltre a questi, farmacie, cliniche veterinarie, laboratori e distribuzione farmaceutica dovrebbero continuare il processo di sviluppo e consolidamento iniziato negli anni precedenti. 

I settori nel dettaglio: Energy

Il volume investito in Italia nel settore energy ha superato i €10 miliardi, con una crescita estremamente positiva rispetto agli anni precedenti e con una quota di investimento dei private equity di oltre il 25% sul totale. 

Questo risultato deriva da diverse dinamiche: mentre i consumi nel corso del 2021 sono tornati ai livelli pre-Covid, il prezzo delle forniture energetiche è esploso a causa dell’incremento del costo delle materie prime ( soprattutto del gas ). Ma anche l’attenzione più meticolosa alle tematiche di sostenibilità spinge gli operatori del settore Oil & Gas a diversificare il proprio modello di business. 

Le dinamiche sopra citate possono impattare i volumi investiti nei prossimi mesi e le aspettative per il 2022 sono meno brillanti e orientate, in prevalenza ma non esclusivamente, alle energie alternative alla sostenibilità. 

I settori nel dettaglio: Retail & Consumer

Nel 2021 il volume investito è risultato pari a circa € 7,9 miliardi, circa € 3,2 miliardi in più rispetto al 2020. Il PE ha contribuito con circa il 31% sul totale. 

Per quanto riguarda il settore retail & consumer, questi sono i trend prevalenti: 

  • ottenere l’accesso a soluzioni D2C ( Direct to Consumer ), utilizzando la leva dell’M&A; 
  • integrare nel proprio portafoglio business legati ai temi della sostenibilità e del benessere; 
  • espandersi per ottenere l’accesso a nuovi mercati; 
  • consolidare le filiere produttive. 

L’appetibilità del settore, per i fondi e gli investitori è generata puramente dai brand ad alta riconoscibilità, rimangono forti perplessità legate allo sviluppo del Covid-19 e all’inflazione che sta mettendo le filiere, soprattutto alimentari, sotto pressione. 

I settori nel dettaglio: Manufacturing e dei prodotti industriali

Il 2021 ha mostrato una buona capacità di ripresa, sia per quanto riguarda il fatturato che per gli ordinativi. 

Il numero di operazioni è stato di circa il 28% sul totale in Italia, per un peso a valore di circa €3,8 miliardi, conseguenza delle dimensioni medio-contenute delle aziende target. 

Anche nel settore manifatturiero e di produzione industriale, il Private Equity ha avuto un ruolo di guida con 53 operazioni. L’industria 4.0 ha presentato e presenterà le maggiori opportunità di M&A: la pandemia ha infatti portato a una revisione dei modelli di business che favorisce la digital transformation; anche le supply chain stanno vivendo un grande cambiamento, dato dalla pandemia. Ciononostante non si esclude che ulteriori shock pandemici e l’inflazione potrebbero avere un impatto importante sull’andamento dell’attività transazionale nel settore.

I settori nel dettaglio: Automotive 

Gli investimenti nel settore Automotive impattano profondamente sulle dinamiche transazionali. Dalla digital evolution, al passaggio imminente dalle motorizzazioni endotermiche a quelle elettriche ed al potenziale connesso ai sistemi a guida autonoma, ne conseguono dei cambiamenti all’interno dei modelli di consumo, tutti cambiamenti rivoluzionari che fanno sì che l’automotive abbia bisogno di rilevanti investimenti. I fondi richiesti avranno lo scopo di incrementare innovazione, sviluppo e capex per la trasformazione delle linee di produzione e si attendono anche processi rilevanti di M&A. 

Ma per questo settore in particolare la trasformazione industriale rappresenta un rischio concreto ed è guidata da decisioni politiche: entro il 2035 l’Italia abbandonerà i motori termici. Le Case non potranno più produrre nuove auto a benzina o diesel, i concessionari non ne avranno più da vendere. Così ha deciso il Comitato interministeriale nazionale, così chiede l’Europa nel Fit for 55, il piano per dimezzare le emissioni dell’Unione.

In vista dell’annunciata transizione energetica, i tecnici del Mise, con il supporto delle associazioni di categoria, hanno svolto un’analisi al fine di individuare le aziende della componentistica che potrebbero risentirne. Sono 101 le imprese a rischio, con 26.000 dipendenti, pari al 17% dei dipendenti del mercato nazionale.

Sono dati impressionanti che, senza interventi correttivi, mettono a rischio una buona parte del sistema produttivo della filiera M&A e rendono problematiche anche le previsioni sul fronte investimenti.

Cosa aspettarsi dal 2022

L’impressione generale è che le performance del 2021 saranno difficilmente ripetibili, dato il contesto di grande incertezza, in particolare in termini di inflazione e costo di energia e materie prime.

I settori retail & consumer, manufacturing, prodotti industriali e automotive appaiono molto esposti alle incertezze; inoltre, ad aggiungersi a un quadro di per sé non brillante, nell’ultima legge di bilancio non sono stati rinnovati gli incentivi fiscali per la rivalutazione delle partecipazioni non quotate, rendendo di fatto più costose le exit per gli imprenditori.

Come affrontare nella maniera più efficace il processo di integrazione post acquisizione

Molto spesso per l’azienda che effettua un’operazione si pone il problema di integrare il nuovo business, senza creare stress e discontinuità nella sua organizzazione.

Molto spesso affidarsi a un Interim Manager esperto è la migliore soluzione per l’integrazione post acquisizione, vediamo quali sono i motivi alla base di questa scelta:

  • E’ necessario uno sforzo immediato per mantenere l’operatività delle funzioni aziendali nel periodo immediatamente successivo a un’acquisizione, soprattutto nei Sistemi, nelle Operations,e nelle funzioni di Marketing & Sales.
  • Non è affatto consigliabile distogliere i Manager della parte acquirente per ricoprire ruoli operativi nella società acquisita, perché si rischia di indebolire o scoprire funzioni importanti dell’azienda acquirente.
  • Altrettanto sconsigliabile sarebbe assumere un Manager a tempo indeterminato con il rischio concreto che quest’ultimo, dopo 6-18 mesi una volta completata la fase di integrazione, diventi un esubero per l’Azienda
  • L’Interim Manager con esperienza nel settore specifico è una soluzione immediatamente operativa, con tempi di inserimento di un mese circa, flessibile, con termine dell’incarico in tempi brevi e anche meno costosa, se paragonata ad altre soluzioni.

In conclusione, il manager ad interim è una soluzione ottimale per portare a termine con successo i processi di integrazione necessari dopo le operazioni di M&A, grazie alla sua capacità di essere rapidamente operativo e al suo solido bagaglio di competenze ed esperienze maturate nel settore specifico.

TIM Management è in grado di supportare l’imprenditore e i suoi advisor nelle operazioni di M&A, restructuring e turnaround, con partner di alto profilo che hanno maturato una profonda esperienza specifica in materia. 

Contattaci per un approfondimento.

 

Cesare Tocchio è uno dei fondatori di TIM Management, per oltre vent’anni ha ricoperto la carica di Amministratore Delegato in Società multinazionali, in queste posizioni ha sviluppato una solida esperienza finalizzando diverse acquisizioni e cessioni di aziende, marchi o rami d’azienda con lo scopo di consolidare il business, saturare gli stabilimenti e ristrutturare Aziende in perdita. Negli ultimi anni ha portato a termine importanti operazioni di LB0 con fondi quali Mezzanine Management Uk, Argos Soditic e 21 Investimenti ricoprendo la funzione sia di Manager che di Investitore.

 

Le principali sfide per il 2022 in termini di digitalizzazione dei processi

La pandemia ha definito e velocizzato per necessità l’introduzione del digitale nel lavoro. Il digitale si è integrato non solo al sistema produttivo, ma soprattutto ai flussi lavorativi e alla gestione documentale all’interno delle aziende, nello stesso tempo è diventato protagonista nel contatto con il cliente e nei processi di vendita. 

Sempre con maggiore frequenza è possibile incontrare termini come smart-working, cloud, e-commerce ed e-learning che non sono più una novità tra i lavoratori. Possiamo attribuire una buona parte delle ragioni di questo cambiamento alla pandemia globale Covid-19: ha accelerato questo processo, rendendo necessaria l’implementazione di questi strumenti, ma anche sottolineando l’importanza di un cambio dell’attitudine del management italiano. 

 

Digital Transformation: quanto effettivamente ha influito sul panorama aziendale italiano? 

Per rispondere a questa domanda è bene definire da cosa scaturisce la necessità di affrontare un processo di trasformazione: nel 2013 i sociologi Bradley e McDonald introducono il termine Social Organization che mai come ora può essere attualizzato ed utilizzato per definire la gestione organizzativa della community collaborativa (mass collaboration) che consente di generare innovazione e potenziare il business, valorizzando specificatamente le competenze del capitale umano, oltre a permettere di coinvolgere tutti gli stakeholder. Non è però sufficiente per le imprese approcciare il cambiamento solo in linea teorica, è sempre più necessario che anche il modello di governance cambi radicalmente.

Infatti, i dati del Rapporto realizzato dal Censis in collaborazione con il Centro Studi TIM sulla trasformazione digitale dell’Italia, evidenziano come le aziende italiane mostrino un chiaro ritardo sulle tematiche di innovazione digitale, in particolare rispetto ai competitors europei presi in analisi; ma i dati presentati mostrano anche una maggiore consapevolezza del fatto che l’Italia sta diventando sempre più competitiva sul mercato digitale. 

Per l’EC Country Report Italy, il nostro paese è al 25esimo posto a causa dei ridotti investimenti in digitalizzazione e innovazione, soprattutto da parte delle PMI.

Nonostante ciò, possiamo riscontrare che sia in Francia che in Germania, le due più importanti economie europee, meno del 60% delle imprese hanno dichiarato che l’introduzione dei social media all’interno della propria corporate è importante per il proprio business, e solo il 40% utilizza e-commerce per la vendita dei propri prodotti online, contro il 58% delle aziende made in Italy.

Tra i paesi presi in analisi, l’Italia e la Spagna, hanno la percentuale più alta di Digital Starters (22%), PMI sul mercato da non più di quattro anni, naturalmente predisposte a considerare  gli strumenti digitali fondamentali per la loro crescita. 

 

I cambiamenti nel mondo HR: come rispondono i responsabili delle risorse umane 

In alcune funzioni, più che in altre, la situazione difficile degli ultimi anni ha rappresentato un’occasione di aggiornamento per le aziende, soprattutto, come ci dicevamo, nella digitalizzazione dei processi. Tra le funzioni che hanno meglio profittato dei benefici della digitalizzazione sono in primo piano le Human Resources, e questo nonostante o forse proprio grazie al forte impatto che ha subito il mondo del lavoro dalla crisi pandemica. Ad esempio, secondo queste statistiche stilate dal Sole24Ore le risorse umane hanno scelto di  utilizzare i social network per diverse finalità, tra cui: 

  • 25% team building;
  • 26% onboarding;
  • 34% training;
  • 41% comunicazione aziendale;
  • 69% recruiting

In questo periodo di forte discontinuità diventa fondamentale il ruolo degli HR manager che devono saper guidare e supportare  uno stile di leadership orientato al cambiamento, che sappia incentivare la trasformazione dei ruoli e individuare figure propense al cambiamento e al miglioramento dei processi e dell’organizzazione. 

 

I tools a supporto delle strategie di recruiting  

Strumenti come Linkedin, o Breezy (per l’automatizzazione del processo di selezione), già utilizzati dai recruiter da diverso tempo, ma anche i più recenti software per la gestione dei video-curricula come Talentcube stanno portato notevoli vantaggi per la funzione HR: possono accelerare la gestione del processo di pre-screening, semplificare il recruiting e anche contribuire a rafforzare l’employer branding. Sono solo alcuni esempi dell’impatto della digital transformation sul ruolo dei professionisti della gestione delle risorse umane. 

 

In conclusione, le Risorse Umane nel nostro paese sono all’avanguardia e stanno entrando sempre di più nell’ottica di sfruttare i benefici della digitalizzazione, tramite l’utilizzo di strumenti altamente tecnologici e performanti; è un processo di trasformazione necessario per evolvere il proprio ruolo e potenziare l’organizzazione aziendale.. E’ un percorso virtuoso ma che può presentarsi difficile per i leader che non trovano all’interno dell’organizzazione le competenze necessarie al percorso di digital transformation; in questo caso può essere risolutivo rivolgersi a consulenti esperti che sappiano introdurre nell’organizzazione risorse già formate e in grado di portare rapidamente competenza ed esperienza.  L’ affidarsi a un Interim Manager esperto può essere la scelta più opportuna per r tradurre l’innovazione in risultati concreti per le aziende, per velocizzare i tempi e ottimizzare i processi, agendo a supporto delle risorse umane con l’obiettivo comune di potenziare e valorizzare il capitale umano e migliorare l’immagine aziendale.

ESG (Environmental, Social and Corporate Governance): quanto sono importanti per gli investitori?

Gli investimenti sostenibili e responsabili (SRI: Sustainable and Responsible Investments) conquistano uno spazio sempre più ampio nel mercato azionario grazie a investimenti destinati a generare un rendimento che, non solo sia finanziariamente soddisfacente, ma che integri anche l’attenzione verso l’ambiente, e le tematiche sociali come le pari opportunità e la corporate governance. Gli SRI vengono dunque gestiti da fondi ETF (Exchange-Traded Fund) che investono su aziende selezionate tra quelle impegnate regolarmente in tematiche di sostenibilità, ovvero che rispettino i criteri ESG.

 

Ma cosa sono gli ESG? 

Il concetto ha origine dall’approccio “Triple Bottom Line”, noto come “Persone, Pianeta e Profitti” (PPP): nasce negli anni ’90 e prevede che le aziende non debbano basare le proprie attività solo sulla generazione di “Profitti”, ma su ciascuna delle tre “P”. Questo concetto si è evoluto nei fattori ESG, che oggi sono il punto essenziale di scelta per gli investimenti degli SRI.

I fattori ESG (Environmental, Social e Governance)  si utilizzano per definire quei criteri possano essere impiegati in ambito economico per misurare e analizzare la sostenibilità di un investimento, ovvero vi è una valutazione delle imprese che va oltre gli obiettivi economici dell’impresa stessa. Questa misurazione, dunque, non viene effettuata solo da un punto di vista prettamente finanziario, ma tiene in considerazione anche aspetti di natura ambientale, sociale e di governance. 

Nello specifico: 

  • i criteri Environmental definiscono l’impegno che l’azienda dedica alle tematiche ambientali e di sostenibilità (es. sfruttamento di energie rinnovabili, lotta contro i cambiamenti climatici); 
  • i criteri Social valutano le modalità di valorizzazione degli individui all’interno dell’impresa (es. gestione del capitale umano, riduzione delle disuguaglianze sociali e di genere); 
  • i criteri di Governance rendono espliciti i valori legati alla modalità con cui l’azienda è amministrata (es. definizione dei ruoli, remunerazione manageriale). 

 

Una forte spinta dei fattori ESG durante la pandemia 

Forum per la Finanza Sostenibile e ALTIS dell’Università Cattolica del Sacro Cuore hanno verificato che le imprese impegnate da più tempo nei percorsi di reporting di sostenibilità traggono maggiori benefici anche dal punto di vista delle performance finanziarie. Inoltre, hanno anche messo in luce che il periodo nel quale questo effetto positivo si verificato con maggiore frequenza è quello della crisi provocata dalla pandemia: infatti nei primi tre mesi  del 2020 gli investitori hanno riscontrato difficoltà ad attenuare  l’impatto del blocco delle economie globali causato dall’esplosione del coronavirus, la cui conseguenza è stata il crollo dei mercati azionari globali. La pandemia ha spostato ancora più rapidamente l’attenzione dei mercati sull’importanza dei fattori ambientali, sociali e di governance (ESG), dal momento che è stato riscontrato che le aziende già attente alla gestione di questi rischi hanno affrontato meglio la crisi. Ad esempio tramite una gestione attenta e consapevole della filiera dei fornitori e l’attuazione di un piano a protezione del personale mirato a non perdere la continuità operativa. Oltre ai fattori legati alla pandemia, ci sono anche altri indicatori che spingono le aziende a sposare i valori di Corporate Social Responsibility, tra cui: bilancio di sostenibilità, miglioramento della propria corporate reputation e maggiore capacità di attirare clienti ed investitori.  

 

L’accesso preferenziale ai fondi ETF: preparare un reporting di sostenibilità è sufficiente? 

Alle aziende virtuose è consentito un accesso preferenziale a fondi e finanziamenti dedicati: come ad esempio i fondi passivi quotati in borsa, Exchange Traded Fund (ETF), che investono per sostenere i valori di queste imprese. Le criticità riscontrate nell’accesso a questi fondi sono riconducibili alle aziende che non producono concretamente dei risultati significativi rispetto alle tematiche a cui si dichiarano legate o alle aziende che operano solo con l’obiettivo di un miglioramento della propria corporate reputation. Queste aziende finiscono inevitabilmente per essere escluse dalla selezione per accedere ai fondi. È fondamentale difatti allinearsi agli obiettivi degli investitori, essere in grado di fornire dati ESG indipendenti e portare risultati concreti attraverso la rendicontazione di sostenibilità. Per fornire i dati di reporting ESG bisogna redigere appunto un documento di sostenibilità in linea con con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite, fissati per il 2030. 

A tal proposito INVESCO ha creato uno strumento, ESG/Intel in grado di dare accesso ad un rating interno ed ad una classifica settoriale sul Global Industry Classification Standard. Lo strumento serve alla società che lo utilizza per definire quanto effettivamente sono influenzate dalle tematiche ESG e include: 

– 20 indicatori ESG a livello di fondo 

– 50 indicatori ESG a livello di singola entità

Le aziende però molto spesso non tengono una rendicontazione regolare e non dispongono delle risorse per rilevare tutti questi indicatori, infatti frequentemente Invesco è costretta a ricorrere all’analisi di fonti di dati alternative, per colmare il gap. 

 

Si può in conclusione definire un unico grande obiettivo che spinge gli investitori ad essere più coscienti nella decisione di investire su un’azienda: portare un impatto positivo sulle persone e sul pianeta che vada oltre le criticità e che si basi sui risultati reali.

L’organizzazione della tua azienda è in grado di gestire con efficacia le problematiche legate ai fattori ESG? Se così non fosse, la soluzione potrebbe essere quella di affidarsi a un Interim Manager esperto nell’implementazione del monitoraggio aziendale dei valori ESG.

TIM Management è in grado di supportare l’imprenditore e il manager nell’affrontare i temi legati alla sostenibilità, all’organizzazione e alla governance aziendale. Lo fa con partner di alto profilo, che hanno maturato una profonda esperienza nel settore e che possono in tempi rapidi colmare il gap e, allo stesso tempo, supportare la crescita delle competenze del management interno.