Quando il fondatore e CEO di un’azienda annuncia il proprio pensionamento, spesso l’impresa sembra mantenere la rotta stabilita: le operazioni procedono regolarmente, i parametri di soddisfazione e benessere del personale sono sotto controllo, o quantomeno si suppone lo siano, e l’azienda continua a essere redditizia.
Tuttavia, con il passare del tempo, possono emergere segnali di declino su vari fronti, portando i membri del consiglio di amministrazione (CDA) a considerare questo cambiamento come una spinta e un’opportunità per rinnovare l’azienda. In questi casi, la ricerca di un nuovo leader, che sia anche una guida più adatta ad affrontare le sfide future dell’azienda, diventa velocemente una necessità.
In molti casi, il CEO uscente ha già provveduto a indicare il proprio successore, spesso un dirigente senior che ha seguito un percorso professionale e adottato uno stile di leadership simile al suo. Il consiglio di amministrazione, di fronte a un candidato interno già individuato, può decidere di evitare un lungo e complesso processo di selezione, confermando senza troppe esitazioni la scelta proposta dal CEO. Tuttavia, dopo alcuni mesi, può emergere che tale scelta non abbia prodotto i risultati sperati, con un calo di fiducia da parte degli investitori e la necessità di rivedere la decisione. È in queste situazioni che il consiglio si trova a dover intervenire nuovamente, spesso votando per la rimozione del nuovo CEO e attivando la ricerca del nuovo leader.
Bias di Similarità
Una delle principali responsabilità del consiglio di amministrazione è quella di assicurare una transizione di leadership efficace. Tuttavia, secondo un’analisi di McKinsey, tra il 27% e il 46% delle transizioni esecutive risultano fallimentari o deludenti dopo due anni. Spesso, la scelta di un successore troppo simile al CEO uscente non risponde alle reali esigenze dell’azienda, sia immediate che future. In questi casi, il CdA deve evitare la tendenza a scegliere persone che sembrano rispecchiare il modello di leadership precedente, anziché cogliere l’opportunità di un rinnovamento, prendendo direzioni dettate più dal timore che dalle esigenze aziendali. Questa situazione di stallo porta a uno scenario inevitabile: per ristabilire l’equilibrio, l’azienda si deve rivolgere a un CEO ad interim e avviare un lungo processo di ricerca per il nuovo leader, una misura correttiva che può mitigare i possibili impatti economici e operativi.
Una task force dedicata
La soluzione più efficace potrebbe rivelarsi la creazione con largo anticipo di una task force dedicata alla pianificazione della successione. Questo comitato, composto da membri del consiglio, da dirigenti di alto livello (C-level), delle business unit e delle risorse umane, ha il compito di rendere il processo di selezione del successore meno personale e strategicamente più corretto. Il comitato si riunirà regolarmente per confrontare il profilo del CEO uscente con quelli degli altri leader, valutando i candidati, interni ed esterni, più idonei a guidare l’azienda. Sebbene il CEO uscente continui a dare il proprio contributo alla scelta, il processo più strutturato riesce a garantire una visione più ampia e inclusiva, che tenga maggior conto delle sfide e delle opportunità future dell’organizzazione.
Inoltre, la task force potrebbe suggerire percorsi di sviluppo per i potenziali candidati interni, come rotazioni di incarichi, progetti sfidanti e mentoring. Queste iniziative potrebbero rivelarsi meno costose e più efficaci rispetto alla scelta del candidato più “comodo” o affine al CEO uscente.
Come procedere, però, quando la successione non è programmata o pianificabile e si trasforma in un’esigenza improvvisa? In tal caso, l’azienda – in particolare il management, incluso il CEO uscente, se ancora presente – dovrà decidere se accelerare il processo di selezione di figure interne, individuare una figura esterna ma in continuità con la precedente gestione, oppure “guadagnare” tempo per trovare una figura esterna nuova e adatta alle sfide future. L’unico modo per ottenere questo lasso di tempo utile è scegliere una figura temporanea competente e pronta: un interim manager capace non solo di gestire l’azienda durante il cambiamento, ma anche di contribuire al comitato incaricato di identificare il profilo giusto per gestire il cambiamento.
In conclusione, le aziende dovrebbero considerare la pianificazione della successione come un processo continuo, da avviare già all’inizio del mandato del CEO in carica. I consigli di amministrazione devono affrontare il cosiddetto “bias di similarità”, ossia la tendenza a preferire candidati percepiti come simili a sé stessi. Un parere esperto ma esterno, che conosca le dinamiche aziendali ma mantenga una visione distaccata, come quella di un interim manager, può essere una risorsa preziosa. Una pianificazione della successione efficace richiede quindi un approccio strategico che guardi oltre le preferenze personali del CEO uscente, includendo, allo stesso tempo, pareri eterogenei ma accomunati dalla volontà di scegliere il miglior profilo per il futuro dell’azienda.
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