Assumere per affrontare la digitalizzazione e la crisi, è davvero questa l’unica soluzione per le HR?

Assumere per affrontare la digitalizzazione e la crisi, è davvero questa l’unica soluzione per le HR?

di Domenico Costa

Aumentare il livello di competenze dei manager e l’efficienza dell’organizzazione, per affrontare crisi e digitalizzazione: tattiche e strumenti alternativi al recruiting.

Prendiamo spunto da uno studio globale di McKinsey (1) per affrontare il tema dell’adeguamento delle organizzazioni alle nuove sfide che la digitalizzazione e la crisi pandemica stanno ponendo a chi si occupa di Risorse Umane.

E’ indubbio che la gran parte delle aziende non trova nel management interno tutte le competenze necessarie ad affrontare con successo questa fase storica che è, allo stesso tempo, fonte di pericoli e di grandi opportunità. Questo è ancora più valido per le aziende tradizionali, con una struttura manageriale orientata alla gestione del business esistente; digital transformation e crisi pandemica possono rappresentare per loro un boccone davvero indigesto e creare una situazione inaspettata, sconosciuta e potenzialmente dirompente.

La ricerca di McKinsey non fa altro che supportare queste preoccupazioni: il 43% delle organizzazioni manifesta un gap nelle competenze manageriali interne, e un altro 44% si aspetta di riscontrarlo nei prossimi 5 anni; praticamente un plebiscito nel valutare insufficiente  la capacità di competere con successo della propria azienda.

Il 30% delle aziende dichiara che più del 25% dei manager non ha un profilo adatto all’evoluzione del ruolo e un altro 41% ritiene che i manager ‘a rischio’ siano tra l’11 e il 25% del totale. Un campanello di allarme fortissimo per i manager ma soprattutto per chi è responsabile dell’organizzazione e dei risultati aziendali.

I settori più colpiti da questa mancanza di competenze manageriali sono i servizi finanziari, l’high tech e le telecomunicazioni mentre quelli che si ritengono più al riparo dal ‘rischio obsolescenza manageriale ’ sono i servizi sanitari e le farmaceutiche.

Le aree di business percepite come più critiche sono naturalmente quelle legate all’analisi dei dati e alla competenze IT e digital. Più sorprendente è la percezione di un ampio gap di competenze nei C-Level executives, che sono considerati più a rischio di  aree apparentemente più critiche come le risorse umane, il marketing e le vendite. Ma i gap manageriali sono percepiti come significativi in tutte le aree di business, dal prodotto alla ricerca e sviluppo fino al customer service, alle operations e al finance.

Non sorprende quindi che quasi tutti i rispondenti ritengono la potenziale mancanza di competenze chiave una delle priorità da affrontare per la loro organizzazione; un terzo di loro la classifica già come una delle tre priorità più importanti. Al contrario, relativamente pochi di loro giudicano la loro organizzazione preparata ad affrontare questo problema e solo il 28% dichiara che sono già in atto politiche e azioni per mettere riparo alla mancanza di competenze chiave, nel presente e nel futuro.

Un freno all’attuazione di azioni correttive è certamente la difficoltà di valutare a fondo le competenze già presenti all’interno dell’organizzazione e di identificare il profilo dei ruoli che saranno interessati da una forte discontinuità nel breve termine. 

Ciò nonostante, la maggior parte delle organizzazioni sta già da tempo operando in maniera virtuosa per prevenire e colmare i gap nelle competenze del management e mantenere la propria azienda competitiva e in grado di affrontare con successo il periodo di forte discontinuità che stiamo affrontando e che continuerà a far sentire i suoi effetti per molti anni. 

La survey suggerisce che negli ultimi 5 anni la tattica globalmente più utilizzata per aumentare le competenze aziendali è stata quella di assumere nuove risorse, che siano già  in possesso delle competenze deficitarie; infatti i due terzi delle aziende interpellate hanno inserito nuovi profili nell’organizzazione. Questa tattica è sempre accompagnata da una o più azioni condotte in parallelo che vanno a disegnare un mix ben articolato di azioni correttive molto interessante da esaminare.

Ad esempio, in ben più di metà delle organizzazioni sono stati avviati potenti programmi di formazione mirati ad aumentare le competenze del management interno, portando nuove conoscenze e modalità di gestione più moderne all’interno dell’organizzazione. Non meno numerose sono le azioni di cambio di ruolo e mansione per il management e l’inserimento di Interim e Temporary Manager a contratto. Quest ultima modalità di  colmare il gap di competenze è tanto più diffusa, quanto più è evoluto il mercato del lavoro e quanto più è disponibile un’ampia offerta di manager specializzati ed esperti in grado di coprire ruoli apicali e far crescere rapidamente il livello di competenza manageriale dell’azienda.

Non sorprende quindi che questa modalità sia più diffusa negli Stati Uniti, dove il 57% delle aziende è ricorsa all’utilizzo di Interim Manager nei 5 anni passati, seguita da Asia ed Europa, con il 50%, mentre questa è un’azione meno comune nei mercati in via di sviluppo e in Sud America.

Nel prossimo futuro questo quadro è destinato a cambiare radicalmente, spostando il peso delle riorganizzazioni verso la formazione e la riqualificazione dei manager nel ruolo e l’inserimento di Temporary Manager, a scapito delle nuove assunzioni, ritenute, da un sempre crescente numero di Responsabili HR, meno flessibili e più rischiose per l’organizzazione.

I programmi di formazione e reskilling, che più di due terzi delle organizzazioni dichiara di voler attuare nei prossimi 5 anni, si focalizzeremo soprattutto nel facilitare l’implementazione di nuovi modelli di business e sulle modalità di ridisegno della strategia aziendale; insieme a un ampio sforzo di riqualificazione tecnologica e digitale, necessaria in tutte le aree funzionali.

Questo è evidente dall’analisi delle priorità per la formazione espresse dai rispondenti: la formazione in area strategica, nella gestione del personale e nella leadership sono in testa alla lista, seguite dal project management, dall’analisi dei dati e dalla creazione di modelli analitici e previsionali evoluti per le performance aziendali.

La grande difficoltà per chi si occupa di HR è quella di bilanciare i percorsi di riqualificazione con la necessità di garantire la piena operatività delle funzioni aziendali; bilanciamento reso ancora più critico dalla situazione di oggettiva difficoltà che molti settori di business stanno affrontando durante questo lungo periodo di discontinuità. 

La scelta di investire nella formazione sembra dare risultati concreti per chi ha già intrapreso questa strada. La metà delle aziende interpellate afferma di aver riscontrato dei miglioramenti tangibili nei risultati aziendali, dopo aver intrapreso un percorso di reskilling per i dipendenti, oltre a vedere un robusto incremento nella soddisfazione del personale e nella customer experience.

L’Interim Manager: un modo smart per aumentare le competenze manageriali e migliorare l’operatività aziendale

Di fronte alle sfide poste all’imprenditore e a chi gestisce le Risorse Umane, l’utilizzo di Interim Manager esperti può rivelarsi una scelta vincente per l’azienda. Questo perché una risorsa esperta può supportare e guidare l’organizzazione con successo attraverso la crisi e la discontinuità,  senza richiedere investimenti importanti e potenzialmente rischiosi, in management permanente o attività di consulenza esterna:

  • Aiutando a ripensare l’azienda, adattandola alle nuove situazioni di mercato e concorrenza, portando un’estrema competenza e nuove professionalità all’interno dell’organizzazione.
  • Scegliendo gli strumenti più adatti a semplificare i processi e supportare la gestione del cambiamento. 
  • Collaborando proattivamente con la direzione e con tutti i reparti, sia funzionali che operativi, non essendo in competizione con il management ma orientato al risultato.
  • Assicurando che tutti i manager dell’azienda siano coinvolti nell’adozione e nell’implementazione del cambiamento; elevando al tempo stesso le competenze interne, così che, alla fine del suo incarico, il management sarà meglio attrezzato per gestire il cambiamento e guidare lo sviluppo.

Il ruolo di un Interim Manager diventa essenziale quando l’azienda decide di anticipare il cambiamento, intraprendendo una riorganizzazione profonda, e adottando una nuova visione e nuovi obiettivi a medio termine. 

In questi casi, la presenza di una risorsa esperta, con solide competenze nelle aree più critiche, può facilitare la riqualificazione del management interno, garantendo un’operatività efficace durante i percorsi di reskilling, amplificando il loro impatto, velocizzando l’implementazione dei nuovi processi e l’adozione di nuove professionalità.

 

 

Domenico Costa è uno dei fondatori di TIM Management, dove si è occupato di diversi e numerosi interventi di ristrutturazione aziendale. Durante la sua carriera ha operato come Advisor di fondi e come Amministratore Delegato di importanti realtà industriali. Ha gestito acquisizioni di Aziende in diversi settori industriali.. 

 

TIM Management è in grado di supportare l’imprenditore e i suoi advisor nelle operazioni di restructuring e turnaround, con partner di alto profilo, che hanno maturato una profonda esperienza specifica in materia. 

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