Il nostro team

La missione di TIM è quella di supportare le Aziende nelle fasi di sviluppo e/o di ristrutturazione, affiancandole nella gestione del cambiamento

Donne e temporary management: sfide e opportunità nel mercato italiano

Le aziende ripartono dalle soft skill

La classe dirigente, in Italia e negli altri Paesi, ha subito forti cambiamenti negli ultimi anni, sia in generale per l’evoluzione del mondo del lavoro sia in particolare per la difficile congiuntura economica che, con alterne vicende, a partire dal 2008 ha riguardato tutti i mercati più sviluppati. 

Se da un lato la crisi ha rappresentato uno stimolo per i manager verso l’acquisizione di nuove competenze e di nuovi stili di leadership – alle hard skill come quelle linguistiche, informatiche e tecniche si sono sempre più frequentemente affiancate le soft skill come la flessibilità, l’apertura mentale e la capacità di gestione della diversity – dall’altro è stata uno stimolo per le aziende verso il ricambio generazionale dei propri dirigenti e la valorizzazione di queste nuove competenze e questi nuovi stili. 

Dal punto di vista sociale, i manager si sono poi trovati tra l’incudine e il martello. 

La crescente incidenza della leva variabile sulla retribuzione, con l’obiettivo di incentivarli a lavorare per risultati e in una logica di breve termine, ha messo sempre più pressione e responsabilità sulle loro performance. 

Al contempo, la percezione da parte dell’opinione pubblica della figura dei manager – sia pubblici che privati – è decisamente peggiorata, anche a causa delle difficoltà economiche affrontate da milioni di persone.

In questo contesto, è oggi fondamentale per i dirigenti non solo aiutare le aziende ad agganciare la ripresa in maniera efficace ed efficiente, ma anche ricoprire un ruolo di guida all’interno della società.

 

I trend italiani

Il mercato del lavoro, in Italia, non permette ancora di gestire al meglio il collocamento delle figure manageriali. Molte PMI – la stragrande maggioranza del tessuto imprenditoriale del nostro Paese – fanno ancora fatica a comprendere le proprie esigenze. Vige inoltre, soprattutto nella generazione storica di imprenditori e CEO, un’immagine stereotipata del manager, a fronte di una crescente varietà di figure con caratteristiche personali e professionali diverse.

Due però le tendenze recenti che sembrano “correggere”, almeno in parte, questi difetti strutturali. 

1) Il costante e progressivo aumento della presenza femminile

2) Il sensibile aumento di manager assunti con contratti da libero professionista e dei temporary manager

Partiamo dalla prima tendenza.

Secondo l’ultimo Rapporto Donne ManagerItalia, a partire proprio dal 2008, c’è stata una crescita del 49% delle donne manager in Italia, a fronte di un calo del 10% degli uomini. I numeri complessivi sono ancora bassi –  il 18,3% del totale, secondo i dati dell’Inps – ma è confortante il trend tra le generazioni più giovani: si passa al 28% tra le under 40 e al 32,3% tra le under 35. Il fenomeno è più avanzato nelle regioni con una maggior presenza di aziende di grandi dimensioni – come Lombardia e Lazio – e il vero fiore all’occhiello è il settore dei dirigenti privati, in particolare quello del terziario (con la città di Milano come capofila).

Nell’epoca post-pandemia, ci sarà probabilmente sempre più bisogno di incentivare la diversity nel management, anche nell’ottica di una produttività più smart, in grado di coniugare gli obiettivi di business delle aziende con una visione del mondo rinnovata e più attenta ai temi sociali e alla sostenibilità. 

 

Management al femminile tra realtà e aspettative

E qui entra in gioco la seconda tendenza, quella del temporary management.

Il punto di arrivo di una vera e propria rivoluzione nelle modalità di lavoro, figlia del digitale e dell’applicazione di metodologie come l’Agile, che permette ad organizzazioni grandi e piccole di applicare pensiero strategico e velocità di esecuzione ricorrendo a professionisti esterni. 

Se finora il Temporary Manager è stata una professione tipicamente maschile, soprattutto per motivi anagrafici, si sta assistendo anche in quest’ambito a una lenta inversione di tendenza. Un maggior equilibrio tra i generi – a parità di stipendio, si auspica – sarebbe d’aiuto non solo per le professioniste, ma anche per le stesse aziende. Ci sono molti studi, infatti, che mettono in evidenza i vantaggi di un manager donna: sensibilità nel percepire le sfumature nella cultura aziendale, capacità di comunicazione, abilità nel costruire relazioni e nel fare rete. Proprio quelle competenze che la crisi degli ultimi anni ha reso sempre più centrali.

Un ostacolo da superare, a questo scopo, è consentire alle donne Temporary Manager di bilanciare gli impegni professionali con quelli personali, facendo in modo che la famiglia non diventi un ostacolo alla loro carriera e all’espressione del loro potenziale. Un problema che però riguarda l’intera società e tutti i settori lavorativi. 

In TIM Management la presenza di donne manager è in aumento rispetto al passato, e per i prossimi anni puntiamo a un equilibrio sempre maggiore. Il nostro obiettivo è di fornire le condizioni necessarie affinché le Temporary Manager possano trovare le aziende più adatte con cui lavorare, aiutandole tramite le loro hard e soft skill.

Benvenuti nell’era del business post-normale

Anche se ci stiamo lentamente avviando verso la normalità, i problemi e le difficoltà che affrontiamo tutti i giorni, personalmente e professionalmente, ci riportano bruscamente alla realtà e a una situazione che si può definire tutt’altro che normale e che ormai dura da più di un anno.

Per quanto riguarda il business, questa situazione è destinata a protrarsi ancora a lungo, le previsioni più ottimistiche dicono almeno due o tre anni; il contesto è perciò destinato a rimanere incerto e volatile, caratterizzando l’inizio degli anni ‘20 con la più grande discontinuità che ci siamo mai trovati ad affrontare nel mondo moderno. Una discontinuità che non ci porterà verso una nuova normalità ma piuttosto verso una situazione che potremmo definire di post-normalità.  

Quindi la domanda che ci dobbiamo tutti porre è: come possiamo reinventare il nostro business per sopravvivere e prosperare in un mondo post-normale?

Questo è sicuramente un grande dilemma ma rappresenta anche un’enorme opportunità di ri-disegnare le nostre organizzazioni e i nostri modelli di business. Siamo davvero di fronte a scelte importanti, sia per quanto riguarda il business che gestiamo ma anche per la scelta dei nostri clienti e fornitori.

Prendo a prestito dai colleghi di Russam, parte del network internazionale di Wil Group, un modello di riferimento che fa riferimento a cinque aree sulle quali focalizzarci per affrontare con successo la transizione verso il mondo post-normale.

 

Oggi ci focalizzeremo sul mindset: l’approccio con cui affrontare al meglio la discontinuità

 

Come dicevamo, è tempo di compiere  scelte che indirizzeranno radicalmente il futuro del nostro business. Ma con quale atteggiamento le affronteremo?

 

La tentazione di fuggire la realtà, negando o sottostimando il cambiamento in essere, è fortissima, come sempre accade nei periodi di grande volatilità e incertezza. In alcune circostanze, questa potrebbe anche risultare una strategia vincente ma purtroppo questa discontinuità epocale non sembra poter essere una di queste fortunate circostanze. 

Il pensiero seducente di credere che rapidamente tutto tornerà alla normalità è negare l’evidenza; certo è rassicurante pensare che viviamo ancora in mondo prevedibile, ci permette di proseguire come se nulla stesse veramente accadendo. 

Ma se vogliamo davvero affrontare con successo le sfide del mondo post-normale, questo non è sicuramente l’atteggiamento migliore; il modo corretto di approcciare il nuovo scenario è farlo con la mente aperta – l’atteggiamento di chi vuole esplorare tutti gli scenari possibili e capire come questi possano impattare sul nostro business nel breve, medio e lungo termine. Nella situazione che stiamo affrontando sono certamente possibili e credibili molti scenari differenti per il nostro business, non dobbiamo fermarci al solito ‘best e worst case scenario’.

Una volta disegnati tutti gli scenari che ci sembrano possibili, il passo successivo è quello di sviluppare le strategie corrette per affrontarli con successo. Una sorta di manuale di sopravvivenza per il business, fatto di scenari e strategie. Alcuni scenari si potrebbero rivelare estremamente problematici da affrontare, altri ci presenteranno opportunità da cogliere tempestivamente. 

Probabilmente non tutti i piani strategici del nostro manuale arriveranno alla fase esecutiva, e non c’è niente di male. Però noi avremo sempre pronto un piano strategico ben strutturato, per affrontare con successo ogni situazione, quando se ne presenti la necessità. 

 

In sintesi i grandi business si caratterizzano per alcune caratteristiche comuni:

 

Fanno promesse coraggiose e visionarie – e le mantengono

Identificano i problemi in anticipo – per risolverli tempestivamente

Identificano velocemente le opportunità – e le sanno cogliere

 

Per fare del tuo business un grande business in un momento di discontinuità epocale, è indispensabile preparare il tuo manuale di sopravvivenza con il suo pacchetto di scenari e strategie per affrontare la discontinuità. 

Per affrontare la crisi è nelle maggior parte dei casi necessario operare una scelta tra la cultura industriale, che ha caratterizzato il business negli ultimi due secoli, e la cultura digitale che porta la filosofia dall’agile management, utilizzato per lo sviluppo di nuovi processi e servizi,  l’applicazione delle metodologie ‘lean’ alla produzione e ai processi aziendali.

La cultura industriale porta a un approccio quasi militare, basato sul controllo e sulla gerarchia,  con alla base una filosofia di miglioramento continuo dei processi e dei prodotti, spesso però puramente incrementale. I suoi valori fondanti sono la prevedibilità e il rispetto degli standard di performance.

La cultura digitale, al contrario, porta un approccio agile e dinamico, e promuove idee come il ‘fallire velocemente (per trovare una strada migliore)’ e la filosofia del ‘cambiamento radicale’ (per evitare di perdere tempo su soluzioni inefficaci)

In tempi di grande incertezza, la scelta più semplice potrebbe sembrare quella di adottare in toto l’approccio e la cultura digitale per il nostro business; in fondo le nostre vite e anche il nostro business si sono sempre più decisamente spostati online, non sarebbe questa la risposta più adeguata?

 

Ma c’è un’altra possibilità.

Un Approccio e uno stile di leadership alternativo possono essere rappresentati dalla disciplina del pensiero sistemico. E’ una filosofia di business che valorizza l’integrazione del mondo digitale con quello fisico, riconoscendo che l’individuo e anche l’azienda non esistono e operano esclusivamente in uno dei due mondi ma in un sistema complesso, rappresentato dall’intersezione dei due mondi.

I leader che adottano l’approccio sistemico hanno imparato a muoversi efficacemente sia nel mondo digitale che in quello reale, perciò sono in grado di affrontare i problemi adottando una prospettiva olistica. Così facendo, si aprono possibilità che sarebbero rimaste nascoste, imprigionate in un mondo o nell’altro.

 

Pensate ad esempio a Google, forse a prima vista il business più digitale possibile. Non molto dopo la sua nascita, Google ha deciso di valicare i confini del mondo digitale, ad esempio cominciando molto presto a costruire i suoi data center nel deserto – considerandoli come una manifestazione fisica del proprio impero digitale.   

Dal canto nostro, clienti di Google, utilizziamo sistematicamente i suoi servizi per muoverci nel mondo fisico (Google Maps), per comunicare con i nostri amici utilizzando mobile device (che a volte sono venduti e prodotti da Google) dotati di sistema operativo Android (di Google) e compriamo le cose che ci servono da un e-commerce (cercandole su Google).

 

Dalla prospettiva opposta, Apple, che è cresciuta fino a diventare la prima azienda da due trilioni di dollari grazie ai suoi device e alla loro funzionalità e design, ha adattato il suo modello di business per andare oltre i device e diventare un player digitale. Quest’anno la parte digitale dei loro servizi (Apple Pay, App store, Apple Music etc) ha generato il 20% del turnover (equivalente a oltre 10 miliardi di dollari).

L’approccio sistemico richiede ai top manager la perfetta padronanza, sia degli skill del business tradizionale che di quelli legati al digitale. Il leader sistemico mette al centro del suo sistema dei valori il cliente, i suoi bisogni e la sua soddisfazione; il modo migliore di avere clienti soddisfatti è di offrire prodotti e servizi che integrino in maniera armonica il mondo fisico e quello digitale, con le loro opportunità e le loro caratteristiche specifiche. Il segreto del successo è, anche in questo caso, saper utilizzare le migliori risorse disponibili, umane e tecnologiche, nei mercati in si opera. 

Nel mondo post-normale, caratterizzato da una crescita vigorosa del digitale e da una totale incertezza, il modo migliore di creare valore dal nostro business potrebbe essere rappresentato dall’adozione di un approccio sistemico alla strategia e all’innovazione.

E’ un modo di affrontare proattivamente la discontinuità, senza subirla sperando che se ne vada in fretta, questo purtroppo non accadrà.

 

Come cambia il ruolo dei manager nel mondo post-normale

I cambiamenti repentini nella tecnologia e nei mercati che stiamo attraversando stanno cambiando radicalmente i contenuti dei ruoli direttivi in azienda e le competenze richieste ai manager apicali. L’adozione di un approccio sistemico richiede profili manageriali che difficilmente si possono trovare negli organigrammi delle imprese, soprattutto nelle PMI, spina dorsale delle più importanti filiere del paese.

E sono proprio le PMI che, in una situazione di terribile discontinuità, mostrano un bisogno vitale di competenze specifiche molto qualificate che non sempre hanno la necessità di essere inserite in maniera permanente nell’organigramma aziendale.

In questi casi la soluzione più razionale è rivolgersi a un Temporary Manager che abbia solide competenze di gestione unite a una conoscenza profonda del digitale e delle logiche che guidano la digital transformation delle aziende tradizionali. E’ una soluzione che solitamente si rivela molto più rapida da implementare, rispetto alla ricerca di un manager da inserire a tempo indeterminato, e molto più economica del supporto offerto da una società di consulenza esterna.

Esistono oggi sul mercato molti manager con vasta esperienza e profonda competenza, adatti ai ruoli più specializzati di cui abbiamo parlato, che operano come Temporary Manager per le aziende che stanno attraversando una fase di rapido sviluppo o una grande discontinuità o che presentano lacune dal punto di vista manageriale e organizzativo.

 

TIM Management è la più antica società italiana che si occupa di Temporary Management, ed è in grado di ricercare con efficienza e velocità i profili manageriali che meglio si sposano con le esigenze specifiche delle aziende, di ogni settore e dimensione; oggi è in prima linea nell affiancare l’imprenditore nelle sfide legate all’innovazione tecnologica e ai nuovi, sempre più sfidanti, scenari di business e del mercato del lavoro, in Italia e all’estero.

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Change Management: perché oggi è diventato indispensabile

Come cavalcare il cambiamento

 

E’ appena terminato il 2020 un anno speciale per tutti noi, un anno che sarà ricordato a lungo come l’anno dei grandi cambiamenti, un anno che ha letteralmente ribaltato il mondo, come lo conoscevamo. Mai come nel 2020 si sono verificati tanti avvenimenti epocali: la pandemia (come non metterla per prima), la fine di Trump (per ora), la guerra economica tra USA e Cina, avvenimento che riguardano la salute, la politica ma anche tanta tecnologia, dai robot sempre più presenti nella nostra vita (anche se come gli adas sulle auto non hanno pinze d’acciaio come nei film di fantascienza anni ‘50), alle navicelle e i treni supersonici di Elon Musk, alla ormai comune intelligenza artificiale, e potremmo andare avanti ancora per molto.

In sintesi, siamo al centro di un cambiamento mai sperimentato prima e questo vale anche per le nostre aziende. Possiamo rispondere all’incertezza non facendo nulla e sperando che finisca e tutto torni come prima, oppure possiamo scegliere di agire e cavalcare il cambiamento;  evolvendo l’azienda in modo che possa essere più pronta per i cambiamenti che stiamo faticosamente attraversando ma anche e soprattutti per quelli che arriveranno. Le parole d’ordine oggi sono flessibilità e velocità.

Concetti che ritroviamo nel Change Management, che significa anticipare e attuare velocemente il cambiamento, adeguando l’organizzazione e i suoi strumenti, in modo flessibile ed efficace, per poter trasformare in opportunità le variazioni sempre più frenetiche della tecnologia, del mercato e del sistema economico.

La gestione del cambiamento è dunque l’elaborazione di un processo di pianificazione rapido e flessibile e l’adozione di nuovi strumenti di analisi dei dati e di un’organizzazione efficiente, al fine di rispondere al meglio alle richieste del mercato. Attualmente il tema centrale, per una società che mira a perdurare nel tempo, è quello di saper adattare l’organizzazione e i processi aziendali per rimanere al passo con la concorrenza e di farlo rapidamente, senza farsi condizionare dal passato.

Il Change Management ha significativi impatti non solo di carattere tecnologico e organizzativo, ma anche e soprattutto di carattere umano, andando ad impattare sui comportamenti e sulle competenze del management e dei lavoratori. Per Change Management si intende dunque l’insieme di processi, strumenti e tecniche per poter gestire al meglio il lato umano dei processi di cambiamento. La finalità è quella di raggiungere i risultati richiesti, attraverso lo sviluppo di nuovi comportamenti individuali e una miglior gestione dei team interni, in linea con gli obiettivi aziendali. Ogni cambiamento in azienda, anche puramente tecnico, ha infatti sempre un duplice impatto, sia a livello umano che organizzativo.

 

Change Management: come applicarlo correttamente, le problematiche più comuni da affrontare nell’applicare il Change Management

 

Le aziende che non sono in grado o decidono di non rispondere ai cambiamenti, rischiano di rimanere legate a un’organizzazione statica e a processi obsoleti che, non solo impediscono sbocchi verso nuovi mercati, ma fanno perdere competitività all’interno del mercato di riferimento. 

Il Change Management, in questi casi, guida l’azienda verso un approccio corretto alle sfide portate dal cambiamento, un approccio in grado di garantire un’efficace transizione dall’assetto attuale a quello futuro, più in linea con i tempi turbolenti che stiamo attraversando. 

Introdurre in modo efficace in azienda  il change management comporta la considerazione di diversi elementi. In particolare: 

 

Le persone: è necessario cambiare l’approccio e la cultura delle persone

I processi: è necessario ridisegnare i processi in chiave moderna, efficace e digitale, sfruttando le nuove tecnologie a supporto dell’analisi e della produttività.

I luoghi di lavoro: ripensare gli uffici e le unità produttive in un’ottica di smart working e di un’operatività flessibile, in linea con le attività da svolgere.

Affinché il processo risulti idoneo a raggiungere obiettivi sfidanti è però necessaria un’adeguata progettazione, l’azienda dovrà in primo luogo saper gestire e ridurre al minimo, la naturale resistenza al cambiamento che caratterizza il comportamento umano e che può frenare i processi di crescita e di innovazione.

A questo proposito, una delle maggiori difficoltà che incontrano le aziende è soprattutto la reticenza al cambiamento di coloro che andranno a subire gli effetti di tale processo e che percepiscono il futuro come incerto e le loro competenze come inadeguate. La risposta migliore a queste resistenze è un management societario capace di attrarre a sé il consenso e coinvolgere tutti positivamente nel processo evolutivo. Servono dunque risorse capaci di gestire le persone e le loro aspettative e resistenze, affrontando quella che risulta essere la difficoltà primaria e più comune nel processo di cambiamento.

Chi gestisce il processo di Change Management deve essere in grado di coinvolgere tutte le persone interessate, attraverso un’efficace comunicazione e pianificazione di obiettivi chiari e ben definiti. Il fattore chiave del successo è dunque l’equilibrio tra le finalità strategiche e la realtà operativa aziendale in essere. Il Change Management opera sull’allineamento di tutte le persone coinvolte sulla nuova strategia, dai lavoratori al top management.

La domanda chiave per chi gestisce l’azienda è se oggi sono già presenti all’interno dell’organizzazione le risorse e le competenze necessarie a gestire il cambiamento; in molti casi purtroppo risorse di questo tipo non sono disponibili internamente e questo accade soprattutto in aziende consolidate che hanno costruito il loro successo sull’ottimizzazione dei processi conosciuti e su innovazioni incrementali. 

Una soluzione a questo gap potrebbe essere rappresentata dall’inserimento temporaneo di risorse esperte, in grado di gestire immediatamente il cambiamento e, allo stesso tempo, far evolvere la cultura dell’intera organizzazione, identificando e formando le risorse potenziali, in grado di gestire nel prossimo futuro il cambiamento e traguardare l’azienda verso una nuova fase di sviluppo ed espansione .   

 

Un corretto intervento di change management si articola in 3 fasi:

Individuazione degli obiettivi: in questa fase la governance societaria definisce i macro obiettivi che vuole raggiungere, un’ipotesi delle tempistiche ottimali, il perimetro degli interventi,  le funzioni e le unità operative coinvolte e soprattutto le modalità di coinvolgimento del personale interessato;

Pianificazione: la governance condivide gli obiettivi con il personale interessato dall’intervento e insieme ne individuano punti critici e opportunità, condividendo modi e tempistiche delle varie fasi progettuali;

Attuazione: si attua quanto pianificato procedendo per gradi e, quando possibile, svolgendo in parallelo le attività complementari. In tale fase è importante che tutte le attività vengano monitorate, in modo da poter reagire prontamente ad eventuali imprevisti per assicurare il raggiungimento degli obiettivi prefissati. 

E’ indubbio che un’efficace change management porta a risultati migliori, raggiunti più rapidamente. Costruire le capacità di gestione del cambiamento significa avere maggiore successo su progetti e iniziative critiche per il business aziendale, raggiungere gli obiettivi aziendali, massimizzare il ROI delle attività gestite e realizzare i nuovi progetti con costi inferiori, maggiore efficienza e più soddisfazione degli utenti.

Il Change Management rappresenta dunque la capacità di saper controllare e guidare i cambiamenti; dando per scontato che il cambiamento è destinato a diventare la nuova normalità, in questi tempi è più che mai valido il motto ‘chi si ferma è perduto’ .

 

Scarica la guida del Temporary Management e scopri di più sulle figure adatte ad attuare il Change Management come il Temporary o l’Interim Manager.

Leadership e smart working: come gestire un team a distanza

Il passaggio allo smart working non è stato scontato e indolore per molte aziende e anche i manager hanno avuto un ruolo centrale in questo.

Oltre a dover mantenere quelle competenze manageriali, dettate dall’esperienza maturata nel ruolo, un manager deve possederne delle altre per essere in grado di gestire il proprio team anche in modalità smart working.

Questo passaggio non è sempre facile, poiché il manager è abituato ad avere un contatto quotidiano con i suoi collaboratori e a gestire il tutto in presenza.

Con lo smart working le regole del “gioco” cambiano, e non sempre i manager riescono a gestire al meglio questo cambiamento.

Leadership e smart working: come gestire un team a distanza

Come gestire lo smart working da manager

La gestione dello smart working per un manager non è semplice. Infatti il manager deve fare i conti con possibili rischi e insidie e, allo stesso tempo, cogliere i benefici della modalità del lavoro a distanza.

Nella situazione specifica dello smart working il manager deve innanzitutto rinunciare ad alcuni fattori che erano prerogative del lavoro in presenza, come, ad esempio:

  • il contatto diretto e quotidiano con i collaboratori
  • il rispetto ossequioso degli orari di lavoro
  • il monitoraggio costante delle attività
  • la risoluzione immediata delle stesse
  • il controllo integrale e continuativo di ogni aspetto del team

Rinunciare a questi aspetti comporta un profondo cambiamento culturale, non sempre immediato da accettare. Tuttavia, questo approccio di gestione di un manager nei confronti del lavoro e dei collaboratori può avere molteplici benefici sia in termini di motivazione, nel breve termine, sia in termini di soddisfazione, nel lungo termine.

Leadership e smart working: come gestire un team a distanza

Manager smart: quali sfide e responsabilità?

Un manager smart, chiamato a gestire la sua azienda e i suoi collaboratori a distanza, deve affrontare delle nuove sfide relative al suo ruolo e fare i conti con nuove responsabilità.

In particolare, dovrà:

  • Offrire linee guida per la gestione dello smart working
  • Promuovere un approccio flessibile al lavoro
  • Definire ruoli e confini delle attività
  • Assicurare l’accesso agli strumenti di lavoro necessari
  • Monitorare l’andamento delle attività e le aspettative dei team

Regolamentare lo smart working

Per gestire lo smart working dell’organizzazione al meglio, il manager smart è chiamato a fornire delle linee guida in grado di regolamentare lo smart working. 

Le linee guida dipendono dalla struttura dell’organizzazione e dagli strumenti a disposizione per far fronte allo smart working. In base a questi elementi, il manager deve formulare la soluzione migliore per la propria azienda, considerando anche modalità, orari e strumenti di lavoro per ogni collaboratore. 

Diffondere una nuova cultura organizzativa

Non più basata sul controllo diretto dei collaboratori in ogni singola fase del lavoro, ma sul raggiungimento di obiettivi definiti a breve o a lungo termine.

Questa cultura deve essere insita nei manager e poi trasferita e diffusa a tutti i collaboratori di tutte le aree di lavoro. Attraverso questa nuova cultura organizzativa, il lavoro sarà basato sulla fiducia reciproco e sulla valutazione dei risultati raggiunti, a partire da obiettivi definiti ex ante.

Promuovere una flessibilità lavorativa

Legato alla gestione per obiettivi, tra le sfide del manager smart vi è anche la promozione di una flessibilità del lavoro.

Infatti, se è vero da una parte che il manager deve chiarire fin da subito gli obiettivi prefissati, dall’altra deve anche lasciare al proprio collaboratore la possibilità di gestire in autonomia il proprio tempo, secondo il proprio ritmo e secondo il percorso più opportuno.

Il tutto ovviamente stabilendo a monte ruoli e confini delle attività di ogni collaboratore.

Assicurare l’accesso a strumenti e tecnologie adeguate

Il manager deve assicurarsi che tutti i collaboratori abbiano gli strumenti necessari per gestire il loro lavoro da remoto, senza che essi siano d’ostacolo alla loro produttività e quindi al raggiungimento degli obiettivi aziendali.

Promuovere forme alternative di “contatto”

È importante che il manager prevede delle modalità smart di contatto con i propri collaboratori. Attraverso strumenti e piattaforme adatte può, ad esempio, fissare degli incontri periodici con i propri collaboratori o tra i collaboratori, in modo da far sentire tutti parte integrante di un team.

Monitorare l’andamento delle attività in smart working

L’attività di monitoraggio è fondamentale per i manager per capire se lo smart working sta funzionando al meglio o se ci sia qualche aspetto da migliorare.In questo senso, un manager potrebbe rivedere le linee guida che regolamentano lo smart working, stabilendo una riformulazione dello stesso in base ai feedback dei collaboratori e agli obiettivi raggiunti in un determinato periodo.

Non bisogna, infine, dimenticare che ogni collaboratore, pur lavorando in smart working, ha bisogno di sentirsi “coccolato” dal proprio manager e incentivato per i risultati raggiunti. In questo senso, per favorire una totale soddisfazione del collaboratore, è importante garantirgli eventuali sviluppi di carriera, bonus e benefit in merito all’attività svolta.

Leadership o Management? Spieghiamo le differenze

Leadership o Management? Spieghiamo le differenze 

Le persone spesso scambiano la leadership e la gestione (management) come la stessa cosa, ma in sostanza sono molto diverse. La differenza principale tra i due è che i leader hanno persone che li seguono, mentre i manager hanno persone che lavorano semplicemente per loro. Soprattutto nelle piccole imprese, affinché un piccolo imprenditore abbia successo, deve essere sia un leader forte che un manager per coinvolgere il proprio team nel lavorare verso la propria visione del successo

Leadership o Management? Spieghiamo le differenze

Leadership e Management : attività complementari

La leadership consiste nel convincere le persone a comprendere e credere nella visione che hai impostato per l’azienda e a lavorare con te per raggiungere i tuoi obiettivi, mentre la gestione (management) è più incentrata sull’amministrazione e sull‘assicurazione che le attività quotidiane si svolgano come dovrebbero.

Leadership e gestione devono andare di pari passo. Non sono la stessa cosa, ma sono necessariamente legati e complementari tra loro. È probabile che qualsiasi tentativo di separare i due elementi all’interno di un’organizzazione causi più problemi di quanti ne risolva. 

Affinché un’azienda abbia successo, ha bisogno di una direzione in grado di pianificare, organizzare e coordinare il proprio personale, ispirandolo e motivandolo a lavorare al meglio delle proprie capacità.

In pillole quindi possiamo dire che la leadership è ispirazione e la gestione invece una pianificazione d’intenti.

Leader e Manager a confronto

I leader hanno la tendenza a lodare il successo e guidare le persone, mentre i manager lavorano per trovare i difetti. Dipingono un quadro di ciò che vedono possibile per l’azienda e lavorano per ispirare e coinvolgere le loro persone nel trasformare quella visione in realtà. Piuttosto che vedere gli individui solo come un particolare insieme di abilità, pensano al di là di ciò che fanno e li attivano per far parte di qualcosa di molto più grande. Sono ben consapevoli di come i team ad alto funzionamento possono ottenere molto di più quando lavorano insieme di quanto le persone che lavorano in modo autonomo non siano mai in grado di ottenere.

Affinché entrambe le parti comprendano cosa devono fare e per ottenere l’eccellenza nel farlo, devono comprendere l’essenza della differenza tra loro. È una questione di definizione: capire come i ruoli sono diversi e come potrebbero sovrapporsi. I manager, d’altra parte, si concentreranno sulla definizione, misurazione e raggiungimento degli obiettivi controllando le situazioni per raggiungere o superare i loro obiettivi.

Leadership gestionale: il quadro completo

Vediamo quindi in sintesi di riassumere quella che è una “Leadership gestionale”, ovvero un’unione dei due ruoli in maniera sinergica che mira ad un unico obiettivo: il successo aziendale. 

  • I dirigenti danno indicazioni I dirigenti fanno domande
  • I manager hanno dei subordinati I leader hanno dei seguaci
  • I manager usano uno stile autoritario I leader hanno uno stile motivazionale
  • I manager dicono alle persone cosa fare I leader mostrano alle persone cosa fare
  • I manager hanno buone idee I leader implementano buone idee
  • I manager reagiscono al cambiamento I leader creano il cambiamento
  • I manager cercano di essere eroi I leader fanno degli eroi tutti coloro che li circondano
  • I manager esercitano potere sulle persone I leader sviluppano potere con le persone

Bisogna pensare l’uno senza l’altro per vedere veramente le differenze che esistono tra loro. La gestione senza leadership è un mero controllo delle risorse da mantenere.

Leadership o Management? Spieghiamo le differenze

Come far coesistere al meglio leadership e gestione? 

Esistono molti tipi diversi di stili di leadership e di gestione in cui situazioni, gruppi o culture differenti possono richiedere l’uso di stili diversi per stabilire una direzione o assicurarsi che venga seguita.

Un modo per decifrare quale dei due potresti essere è contare il numero di persone al di fuori della tua gerarchia di segnalazione che vengono da te per un consiglio. Più lo fai, più è probabile che tu venga percepito come un leader.

John Kotter, professore di leadership all’Università di Harvard, teme che troppo spesso i datori di lavoro utilizzino i termini come sinonimi. Se un’organizzazione viene gestita in modo efficace, leadership e gestione esisteranno in tandem.

Il tutoraggio e la formazione formale possono aiutare i dipendenti a utilizzare e utilizzare le proprie capacità di leadership. Secondo una ricerca del Chartered Management Institute, il 90% dei membri che hanno completato una qualifica di gestione e leadership ha riscontrato che l’esperienza ha migliorato le proprie prestazioni sul lavoro. C’è stato anche un “effetto a catena”, con l’81% degli intervistati che ha trasmesso le proprie conoscenze ai colleghi.

Celebrare i singoli leader può anche far dimenticare ad alcuni che non è mai una sola persona a dirigere lo spettacolo. Non tutti coloro che sono a capo di una squadra sono sia leader che manager, per avere un’organizzazione di successo, ci deve essere una combinazione di entrambi.

Molte persone sono entrambe le cose, avendo gestito le persone ma si sono rese conto che non puoi convincere le persone a seguirti su un sentiero difficile, e quindi agire anche come leader. La sfida sta nell’assicurarti di guidare il tuo team e gestire le tue operazioni quotidiane. Chi è in grado di fare entrambe le cose creerà un vantaggio competitivo.

La mentalità può anche avere un potente effetto sul successo di un leader, la comprensione del contagio emotivo, per esempio, può essere uno strumento per il successo.

E tu? Riesci ad essere sia un buon leader che un buon manager nella tua azienda? Credi di avere la giusta leadership gestionale? Noi di TIMManagement Offriamo servizi di assistenza manageriale ad Aziende che affrontano una fase di sviluppo, cambiamento o ristrutturazione. Contattaci qui per ricevere la nostra consulenza e scoprire come ottenere il massimo dalla tua azienda.