Mappatura del pacchetto retributivo dei top manager del settore industriale: sorprese e conferme

La missione di TIM è quella di supportare le Aziende nelle fasi di sviluppo e/o di ristrutturazione, affiancandole nella gestione del cambiamento

Mappatura del pacchetto retributivo dei top manager del settore industriale: sorprese e conferme

La recente entrata di StrategicPeople, azienda leader nell’HeadHunting specializzata in top manager, nel gruppo di aziende di consulenza composto da TIM Management e CDI Global Italia, offre l’occasione per una riflessione sulla situazione dei pacchetti retributivi del settore industriale, uno dei più importanti e strategici per la nostra economia.

StrategicPeople, con il suo brand SalesPeople, ha maturato un’esperienza più che ventennale nell’analisi strategica di business e nella ricerca di manager apicali, sviluppando una forte partnership con multinazionali e aziende italiane, leader nei propri settori di appartenenza e tra le più rappresentative del nostro paese a livello globale.

Con i suoi pacchetti di analisi strategica StrategicPeople mette a disposizione di manager e imprenditori la profonda conoscenza maturata sulle organizzazioni e sui principali settori di mercato, in Italia e globalmente, per offrire un set di informazioni chiare e complete a supporto dei processi decisionali chiave, in particolare, quando si tratta di compiere scelte strategiche che possono condizionare i risultati e il successo futuro dell’azienda.

Il servizio di mappatura strategica è uno dei più richiesti dalle aziende partner e ha la finalità di raccogliere, identificare ed elaborare le informazioni chiave per il settore, fotografando lo scenario attuale e i trend, in una modalità totalmente custom, legata alle specifiche necessità del committente.

Si tratta sempre di informazioni ad hoc, raccolte tempestivamente sul mercato di riferimento grazie al network di StrategicPeople e alla solida e duratura relazione fiduciaria costruita negli anni con i clienti. Sono pacchetti di informazioni molto significative e, di norma, difficilmente reperibili, se non a livello macro.

Tra i servizi di mappatura strategica sono frequenti le analisi retributive, articolate per settore, funzione o ruolo, e le analisi strategiche, indispensabili per operazioni di M&A e preziose nel caso di apertura di nuovi mercati o di espansione geografica del business.

 

E’ una metodologia di lavoro consolidata che si articola in tre fasi ben distinte:

  1. Indagine: si tratta della fase di raccolta e organizzazione delle informazioni, effettuata direttamente sul mercato presso manager aziendali. L’indagine consente di fotografare lo scenario corrente, i trend e i percorsi di sviluppo praticati nel settore specifico.
  2. Mappatura: utilizzando i dati raccolti nell’indagine, si identificano le significatività e i movimenti nei mercati individuati come benchmark per fare focus in maniera verticale sul mercato specifico e sul progetto oggetto dello studio.
  3. Report: le informazioni raccolte vengono organizzate in un report completo con slide e schede di approfondimento dettagliate.

 

In questo caso ci soffermiamo su una recente mappatura retributiva focalizzata sull’industria meccanica e che ha interessato  i vertici di alcune delle più importanti realtà del settore, in particolare CEO ed AD, Board Member, CFO e Sales Director.

Ovviamente i dati raccolti sono gestiti in maniera completamente confidenziale, ma possiamo ugualmente trarre alcune informazioni interessanti e significative dall’analisi dei dati aggregati.

Innanzitutto, anche considerando la variabilità dei fatturati gestiti e della dimensione aziendale, si riscontra una grande dispersione nei livelli retributivi, in presenza di analoghe cariche ricoperte e simili livelli di responsabilità.

Ad esempio, per i Sales Director coinvolti nell’indagine si registra una retribuzione media attorno ai 120.000 euro annui a cui si va ad aggiungere, sempre mediamente, il 35% di bonus proporzionale ai risultati ottenuti. 

Ma, come dicevamo, la RAL totale, inclusi i benefit, presenta un’ampia variabilità, spaziando da un minimo che si colloca attorno alla metà della media, fino a un picco superiore alla media di quasi il 50%, in pratica la retribuzione più alta è circa tre volte superiore alla più bassa.

Sono variazioni solo parzialmente giustificate dalla dimensione dell’azienda, basti pensare che la retribuzione più alta si riscontra in una delle aziende con il fatturato più basso.

 Un’altra considerazione, molto rilevante considerando il grandissimo impatto delle vendite sui risultati aziendali, è la quasi totale assenza di forme di partecipazione agli utili o stock options che sono presenti solo in un caso su quattro, per i manager intervistati.

Molto più omogenea la situazione dei CFO dove i livelli retributivi sono molto più allineati e in due terzi dei casi, sono accompagnati da un piano importante di stock option, generalmente almeno triennale.

Nel caso degli AD / CEO torna prepotentemente a manifestarsi una grande variabilità nelle remunerazioni e nei piani di incentivazione. La media della RAL è abbondantemente superiore ai 200.000 euro annui con bonus che arrivano a valere una media del 50% della RAL base. Anche in questo caso si riscontra la stessa grande variabilità nelle remunerazioni, con un rapporto di uno a cinque tra la più bassa e la più alta delle retribuzioni.

La cosa, ancora più stupefacente se pensiamo che stiamo parlando del vertice aziendale che guida l’azienda e contribuisce in modo diretto alla formulazione della strategia e ai risultati conseguiti, è che, anche in questo caso, la partecipazione agli utili e i piani di stock options sono presenti solo nella metà dei casi esaminati.

Senza voler trarre conclusioni definitive da uno studio, certamente verticale e concentrato in un settore specifico, si può comunque concludere che nel nostro paese, in particolare nelle aziende locali, rimane relativamente poco diffusa la capacità di coinvolgere concretamente il top management nel conseguimento dei risultati aziendali e in particolare si riscontra la tendenza a mantenere una netta separazione tra la proprietà dell’azienda e il management.

Sono però evidenti i benefici che, legare in modo diretto e oggettivo i pacchetti di remunerazione dei Top Manager ai risultati aziendali, può portare all’azienda in termini di commitment ai risultati e rischio minore di perdere le risorse chiave

La situazione nei paesi anglosassoni è molto differente, basti pensare che una ricerca effettuata lo scorso anno su 3000 CEO e C-Level negli Stati Uniti mostra che circa due terzi dei top manager delle aziende con fatturato superiore a 25 milioni di dollari sono stati remunerati con piani di Stock Options e che, ancora più significativamente, anche le aziende con fatturato tra i 10 e i 25 milioni nel 50% dei casi offrono piani di stock options ai loro top executives.

Sono piani di valore significativo, mediamente rappresentano il 20% del totale della remunerazione, che si vanno a sommare a una quota importante della RAL (attorno al 40%) erogata in azioni, per le aziende quotate, anch’esse in buona parte legate alla performance aziendale.

Oltre ai tradizionali e consolidati servizi di Interim Management e Restructuring oggi TIM Management, grazie alla partnership con StrategicPeople,  società leader nell’HeadHunting in Italia, è in grado di offrire un efficace servizio di executive search alle aziende di ogni settore e dimensione.

Assistiamo i Clienti nella ricerca di dirigenti di alta direzione, di responsabili di funzione e di consiglieri di amministrazione indipendenti. 

https://www.tim-management.com/contatti/

 

TIM Management, CDI Global Italia e StrategicPeople formano un polo di servizi alle imprese

Nasce un nuovo polo della consulenza organizzativa e di business in grado di offrire un ventaglio di servizi completo alle aziende e agli stakeholders, in differenti momenti della vita aziendale.

 

TIM Management Srl, una delle società leader da 35 anni nell’Interim Management in Italia e parte del network globale Wil Group, acquisisce una partecipazione in StrategicPeople Srl, società di Head Hunting, proprietaria dei due brand StrategicPeople e SalesPeople.

L’obiettivo dell’operazione è quello di offrire in modo sinergico a imprenditori e manager una ampia gamma di servizi di consulenza organizzativa e di business, grazie alle forti competenze delle due realtà. Il gruppo così diventa un punto di riferimento unico, in grado di rispondere con efficacia e professionalità alle molteplici necessità delle aziende clienti.

CDI Global Italy, Advisor Internazionale esistente da 50 anni e consociata di TIM Management, va a integrare la gamma di servizi offerti dal nuovo polo con la sua profonda competenza in ambito M&A, Debt Advisory e Corporate Finance e con un angolo fortemente internazionale.

La sede operativa del gruppo è nella centralissima via Hoepli a Milano.

In un mercato estremamente frammentato, con oltre 1200 società di consulenza organizzativa, finanziaria e di ricerca di personale operanti in Italia, il nuovo gruppo, con un fatturato aggregato previsto per il 2022 di circa 6 milioni di euro e forte dell’esperienza di altro profilo di 11 senior partners, si va’ posizionare tra le aziende leader del settore e fornisce una gamma di servizi completa, grazie alle sinergie e alle relazioni tra i partner.

 

StrategicPeople – Chi siamo

SalesPeople nata nel 2008 con una chiara specializzazione Sales & Marketing di tipo verticale, dal top management ai professionals, ha lanciato nel 2019 una nuova divisione – StrategicPeople – dedicata a profili Finance, ICT, HR, produzione e logistica, con ricerche collocate su seniority di fascia alta.

Il brand StrategicPeople diventa in poco tempo una parte rilevante dell’azienda, tanto che la società SalesPeople Srl cambia nome e il 21 Luglio 2022 diviene StrategicPeople Srl, affondando le radici in una solida realtà costruita su clienti fidelizzati: multinazionali e grandi o medie imprese italiane, tra cui si contano alcuni leader indiscussi del loro settore.

SalesPeople continua ad operare come marchio e divisione della società StrategicPeople SRL con la consueta sollecitudine ed efficacia nei confronti di clienti acquisiti e nuovi.

 

 

TIM Management – Chi siamo

TIM Management è la prima società di Interim Management in Italia, fondata nel 1987 a Milano, offre supporto manageriale alle aziende, nelle fasi di ristrutturazione e in quelle di crescita e sviluppo, in Italia e all’estero. TIM Management è parte di WIL Group, network costituito da 13 società leader nell’Interim Management operanti in 60 paesi, con l’obiettivo di fornire un efficiente servizio transnazionale ai propri Clienti.

Gli elementi fondamentali su cui si poggia l’attività di TIM Management sono una struttura di partner interna composta da executives con ampia esperienza nei settori più importanti e una rete di manager esterni con alta seniority (oltre 2500 profili).

TIM Management ha un’ampia esperienza nella gestione di interventi di:

  • Ristrutturazione industriale e finanziaria in aziende in difficoltà (sia in bonis che attraverso procedure concorsuali).
  • Servizi per i Private Equity.
  • Gestione di momenti di alta discontinuità aziendale: integrazione post acquisizione, internazionalizzazione, ecc.

 

 

CDI Global – Chi siamo   

CDI Global Italy è un Advisor che rappresenta la branch italiana di CDI Global, presente con oltre 40 uffici nel mondo, specializzato nelle transazioni nel middle-market, con una forte vocazione cross border.

CDI Gobal Italy supporta le PMI nell’ambito di operazioni di finanza straordinaria, sia sell side che buy side, con controparti Corporate e fondi di Private Equity, sia nazionali che internazionali; fornisce consulenza in materia di fusioni e acquisizioni (M&A), disinvestimenti e joint venture, debt advisory, servizi di corporate finance, valutazione e piani di ristrutturazione.

Il punto di forza di CDI Global Italia è la lunga esperienza dei suoi Partners, professionisti che vantano una lunga esperienza e competenza in materia di finanza aziendale in tutti i settori più importanti in cui operano le PMI.

 

 

 

https://www.tim-management.com/

Il community design e la scelta del ‘purpose’: come cambia l’organizzazione aziendale

Il community design si propone come modello alternativo alla tradizionale organizzazione aziendale alla quale siamo abituati, costruita su luoghi di lavoro fissi e gerarchie ben definite. Complice di questo cambiamento, che era comunque già in atto in alcune realtà più avanzate, è stata sicuramente la pandemia che ha accelerato questa evoluzione culturale all’interno delle imprese. 

 

Lo sviluppo digitale ci offre molteplici strumenti per aiutare ad organizzare meglio il nostro lavoro e la nostra vita e ci ha abituati a rapportarci con gli altri in modo molto più orizzontale, eliminando le gerarchie e liberando la capacità e la creatività di ogni dipendente. 

 

Le teorie di inizio secolo basate sul lavoro organizzato per processi meccanici, non sono più applicabili oggi. Innanzitutto, perché il mercato del lavoro è molto più complesso ed in continuo cambiamento, lo prova la ‘great resignation’ post pandemia che è arrivata anche in Italia. 

In secondo luogo, perché le persone non sono più solo concentrate sul salario e la carriera ma desiderano anche sentirsi valorizzate e riconosciute per il lavoro che svolgono all’interno del team. Come sostiene l’analisi Gallup, i dipendenti molto coinvolti ottengono risultati impressionanti in termini di redditività, produttività e soddisfazione del cliente. Com’è possibile quindi trasformare i propri dipendenti in collaboratori coinvolti e soddisfatti?

 

Un modo efficace è sicuramente quello di approcciare il community design

Le community si organizzano utilizzando le persone e le loro capacità e conoscenze ma, questa è la novità, facendo anche leva sulle loro relazioni con gli altri e sul loro ruolo all’interno della community.

 

Community design: dalla mission al purpose

Le community nascono intorno ad un valore principale che le accomuna, il purpose

Il ‘purpose’ può essere rappresentato come lo scopo che unisce l’azienda e i suoi dipendenti, una passione, un fine che ne definisce l’identità e forma il senso di appartenenza

Un esempio recente che aiuta a chiarire il concetto di purpose è quello di Patagonia, azienda di abbigliamento sportivo e outdoor, che recentemente ha annunciato che “Il nostro unico azionista è il pianeta”; è così che la famiglia Chouinard, proprietaria di Patagonia, ha annunciato un cambio di proprietà diverso da quelli a cui siamo abituati; la proprietà è trasferita a due nuove entità: il Patagonia Purpose Trust e l’Holdfast Collective. Ogni dollaro non reinvestito nell’azienda sarà ora distribuito sotto forma di dividendi per proteggere il pianeta.

 

In un’organizzazione il community design e il purpose trasformano quello che un tempo era rappresentato dalla mission, spesso lontana ed incomprensibile per i dipendenti, in uno scopo reale e concreto per tutti gli stakeholders, qualcosa a loro vicino che accresce in maniera esponenziale la motivazione dei dipendenti nel lavoro di tutti i giorni. 

 

Un altro buon esempio è quello di Spotify, il suo purpose è quello di sbloccare la creatività, offrendo a tutti gli artisti la possibilità di vivere della propria arte. Chi ci lavora crede in questo e per questo è motivato nel portare avanti la causa dell’azienda. 

 

Il valore del purpose non potrà essere solo un messaggio di abbellimento e di promozione dell’azienda ma dovrà essere applicato nel concreto da ogni membro della comunità e sempre rappresentato nelle scelte aziendali.  

 

Dall’organizzazione verticale a quella orizzontale

Ogni membro della community deve sentirsi parte del cambiamento e poter contribuire attivamente al purpose e al successo aziendale. Per fare in modo che ciò accada, è necessario lasciare massima libertà e dare piena fiducia, eliminando, per quanto possibile, le gerarchie per liberare la creatività e le capacità dei collaboratori.

Nelle community, che hanno strutturalmente un livello di gerarchia molto basso, si forma naturalmente una divisione tra chi governa e chi esegue, ed i leader emergono spontaneamente per le loro competenze e la loro capacità di guida e orientamento dei comportamenti

La legittimazione, oltre che dal ruolo, è data dal livello di competenze applicate ai progetti e dal coinvolgimento all’interno della community, in particolare il livello di motivazione che i leader sanno trasmettere ai collaboratori. 

 

I leader devono saper stimolare e promuovere la partecipazione, stabilendo le regole e le priorità delle attività, all’interno delle quali tutti potranno operare e contribuire con la massima libertà. 

 

Dalla comunicazione alla co-progettazione 

Invece della tradizionale comunicazione dall’alto verso il basso dove il management prende le decisioni ed i collaboratori eseguono, è importante che si stabilisca un sistema di co-progettazione delle decisioni e dei progetti e che la comunicazione sia sempre bidirezionale

 

I membri della community, in questo modo, possono essere stimolati a suggerire nuove idee riguardo a prodotti, servizi, metodi organizzativi. È importante stabilire non solamente un canale di comunicazione ma una vera e propria conversazione fatta di confronto e dibattito. 

Ciò non vuol dire che i leader non debbano assumersi la responsabilità delle decisioni ma che siano aperti ai suggerimenti e al contributo di tutti i membri dell’organizzazione e soprattutto ad accettare e riconoscere pubblicamente i contributi positivi nella comunità.

 

In questo modo si andrà a creare un sistema di ascolto dove non si impartiscono più ordini dall’alto e i collaboratori sono esecutori ma dove si ascoltano e accolgono le idee ed il contributo di ogni membro della comunità aziendale, in un clima di tranquillità e di trasparenza.

 

La ricompensa diventa anche ‘interiore’

Sappiamo tutti che il sistema di remunerazione è molto importante perché stimola e motiva i collaboratori. 

Ma una ricompensa non deve essere per forza solo economica perché la motivazione dei collaboratori si ottiene anche dalle ricompense che si ottengono interiormente, e queste motivazioni sono spesso più forti di quelle puramente materiali

A livello morale quello che ci motiva è la sensazione di fare bene, di sentirsi partecipi ed utili in un gruppo, di portare avanti una causa e di essere riconosciuti. Questi aspetti rendono più felice e sereno il lavoratore e di conseguenza contribuiscono ad aumentare la produttività dell’azienda

Chi vuole innovare deve pensare ad accrescere soprattutto la motivazione interiore dei collaboratori, affiancando a una remunerazione economica soddisfacente una buona dose di riconoscimenti personali, un ambiente di lavoro aperto e stimolante e percorsi di formazione continui. 

 

TIM Management può aiutare l’imprenditore e le PMI introducendo nell’organizzazione una figura consulenziale ad interim per aiutare l’azienda in una trasformazione organizzativa più orientata all’innovazione e alla crescita. Disponendo dell’ampio network di oltre 2500 manager, può offrire consulenti esperti nel cambio strutturale ed organizzativo di un’azienda in tempi molto brevi e con disponibilità immediata.

 

Come valorizzare il capitale umano e l’esperienza manageriale per migliorare le performance aziendali

I manager durante la loro carriera, accumulano costantemente conoscenze, competenze e skills, aumentando il valore del ‘capitale umano’ per se stessi e per le imprese.

I datori di lavoro possono attrarre e trattenere talenti riconoscendone il potenziale, offrendo loro la possibilità di sperimentare ruoli sfidanti e in questo modo rafforzare il loro bagaglio di esperienze e competenze.

Non tutte le aziende purtroppo  sono ugualmente brave ad accompagnare le risorse nel loro percorso di crescita  e non sempre le più grandi sono le migliori in questo senso, anche le PMI possono essere altrettanto abili delle loro controparti più strutturate. 

Il segreto è quello di raggiungere un buon livello di ‘salute organizzativa’, le aziende che offrono una formazione più strutturata per i propri dipendenti e quelle che offrono maggiori opportunità di avanzamento interno sembrano in grado di far crescere il talento delle loro risorse e, di pari passo, ottenere migliori risultati di business. 

Le persone spontaneamente cercano di entrare in questo tipo di aziende per migliorare le loro competenze e costruire un solido network, comprendendo che questa esperienza aprirà loro opportunità di crescita per il resto della loro carriera.

 

Le aziende possono aiutare le persone a costruire il proprio ‘capitale di esperienza’ e diventare ‘calamite’ per i talenti concentrandosi su tre priorità:

1. Comprendere il potenziale delle persone e  le loro attuali conoscenze e abilità.

La maggior parte delle imprese possono migliorare il processo di selezione dei manager. Invece di cercare candidati esterni “Santo Graal” la cui esperienza corrisponda esattamente al profilo del job, si dovrebbero sviluppare dei sistemi di valutazione dei candidati in base alla loro capacità di apprendere, al loro potenziale e alla loro capacità di ricoprire ruoli diversi, con responsabilità crescenti. 

Ciò richiede la progettazione di sistemi di valutazione del personale, interno ed esterno, che siano adatti allo scopo, concentrando la scelta sulle caratteristiche fondamentali che contano per il successo nel ruolo.

E’ una scelta che implica anche il superamento dei pregiudizi che possono incasellare le persone nei ruoli e nelle funzioni; questo punto è particolarmente importante quando si tratta di dipendenti esistenti. 

Le risorse hanno spesso capacità latenti che non sono riconosciute dai loro attuali datori di lavoro. Se il track record di una risorsa mostra la capacità di acquisire facilmente nuove competenze nel tempo, probabilmente significa che quella persona è in grado di apprendere di più e più velocemente di altre. I datori di lavoro dovrebbero essere meno vincolati nel reclutare candidati basandosi sul solo background, ed essere più aperti alle persone che hanno intrapreso percorsi di carriera non convenzionali.

E’ ovviamente più facile seguire un percorso di questo tipo per le grandi corporate che hanno la possibilità di far crescere le risorse con tranquillità, senza mettere a repentaglio i risultati, grazie alla presenza di manager interni esperti che possono accompagnare il percorso di crescita senza traumi. 

Le PMI hanno anch’esse la possibilità di operare scelte di risorse di potenziale, destinato a emergere con l’esperienza, grazie alla crescente disponibilità di Interim Manager esperti che possono coprire il ruolo temporaneamente, permettendo l’inserimento e la crescita delle nuove risorse di potenziale, contribuendo alla loro formazione e al loro sviluppo manageriale, oltre a garantire risultati eccellenti nel breve termine.

2. Permettere al manager di avere mobilità di ruolo e funzione. 

La grandissima maggioranza dei manager di successo ha più volte cambiato lavoro e anche funzione nel corso della propria carriera. Dal momento che non si può combattere il fatto che le persone di talento si muoveranno, la chiave per i datori di lavoro sta diventando quella di offrire la possibilità di muoversi all’interno dell’organizzazione

E’ un’operazione win-win: da un lato, le aziende possono continuare ad attrarre i migliori candidati tra i talenti alla ricerca di una nuova opportunità di crescita; dall’altro, possono aumentare la produttività e il coinvolgimento dei dipendenti di grande potenziale all’interno dell’azienda, dando loro la possibilità di cambiare funzione e ruolo.

Ogni ruolo dovrebbe avere percorsi chiari di crescita nella funzione e verso ruoli esterni, con abilità e requisiti definiti per ogni livello e job. 

Un modo per farlo in una grande organizzazione è quello di creare una piattaforma digitale interna in cui i dipendenti possono accedere a moduli di apprendimento e trovare la loro prossima opportunità di lavoro, è un sistema di learning e job posting interno

La mobilità porta esperienze preziose, non solo crescendo verso l’alto, e anche la mobilità laterale rappresenta un’opportunità di valore, trascurata da molte organizzazioni. E’ un modo per motivare i dipendenti, creare un legame solido con l’azienda e crescere il loro bagaglio di esperienza e skills, aumentando il valore del capitale umano nel tempo, senza dover sempre ricostruire da capo in occasione della partenza di una risorsa di potenziale.

Anche in questo caso è più facile creare percorsi laterali per i manager in grandi organizzazioni, dove coprire i ruoli scoperti è più facile, data la grande disponibilità di risorse esperte, locali e all’estero. Ma questo purtroppo non è sempre vero e soprattutto non è vero per le PMI; anche in questo caso la possibilità di reclutare velocemente Interim Manager esperti, pronti a coprire ogni livello di responsabilità e ruolo, senza compromettere i risultati e senza la necessità di training, è un’arma fondamentale da utilizzare per ottimizzare i percorsi di carriera delle risorse interne di valore.

3. Rafforzare il coaching ed enfatizzare il ruolo del manager. 

La maniera migliore di  sviluppare competenze avviene giorno per giorno sul posto di lavoro, in un processo che si accumula nel tempo e alla fine rappresenta quasi la metà del valore del ‘capitale umano’ raccolto in una vita lavorativa, come suggerisce una ricerca recentemente pubblicata da McKinsey. 

 

Il coaching e un adeguato training possono massimizzare questo effetto, in particolare all’inizio della carriera ma anche quando si entra in nuovo ruolo, anche e soprattutto se è di grande responsabilità.

La cosa migliore sarebbe pianificare un periodo di 6 mesi / un anno che permetta un graduale apprendimento dei contenuti del ruolo e delle competenze necessarie a coprirlo con successo; è un percorso che, in ruoli manageriali, richiede la presenza di un manager esperto che affianchi la risorsa e che le permetta di crescere senza urgenza e senza compromettere le performance aziendali.

Le opportunità di apprendimento e formazione sono considerate fondamentali, soprattutto dai manager di successo, e rappresentano una valida ragione per restare in azienda.

Ancora una volta le PMI sono penalizzate rispetto alle grandi corporate ma, ancora una volta, la possibilità di reclutare Interim Manager esperti può rappresentare una soluzione brillante alle necessità di coaching dei manager interni e la possibilità di fornire loro le giuste competenze nel periodo di introduzione al ruolo,  senza mettere a repentaglio i risultati aziendali e permettendo anche loro di seguire corsi di formazione e aggiornamento senza lasciare scoperta la posizione.

 

La pandemia ha portato un gran numero di manager a riconsiderare il loro percorso di carriera e il loro datore di lavoro, e questo vale ancora di più per i manager di più alto potenziale che possono facilmente trovare ruoli gratificanti al di fuori della loro azienda e anche della loro funzione. 

La sfida per le aziende, in particolare per le PMI che rappresentano la spina dorsale delle filiere produttive del nostro paese, è quella di offrire ai loro manager più potenziali opportunità di crescita, anche laterale, concrete e ai nuovi manager reclutati un percorso di carriera e di formazione in linea con le loro aspettative.

TIM Management viene in aiuto delle PMI offrendo Interim Manager Esperti, operativi in pochi giorni, che possono coprire ogni necessità organizzativa e permettere alle risorse interne di beneficiare del loro bagaglio di esperienza e competenze e di seguire percorsi di carriera più gratificanti e motivanti.

Le aziende di successo sono quelle che riescono a massimizzare il valore del ‘capitale umano’ per l’organizzazione e per i manager, ottenendo sempre i migliori risultati di business.

 

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Per qualsiasi esigenza i nostri consulenti sono a vostra disposizione per trovare insieme la soluzione più adeguata per la vostra azienda.

 

Leadership e gestione Hr: il modello Usa e quello cinese a confronto

La pandemia ha focalizzato l’attenzione delle aziende sulle capacità dei leader di adattarsi e di riorganizzare le imprese secondo i nuovi criteri imposti dall’emergenza sanitaria. Le qualità dei leader sono state messe alla prova dall’assenza fisica del management e dalla necessità di gestire il lavoro in remoto. Proprio in questo frangente è interessante valutare quali modelli di leadership si siano rivelati vincenti e come implementarli nella nostra realtà aziendale, rivedendo alcuni aspetti della nostra gestione organizzativa.

 

Ormai il poter lavorare da casa rappresenta un punto di non ritorno al quale nessuna organizzazione e nessun dipendente vorrà rinunciare completamente. Per questo motivo è indispensabile adattarsi a questa nuova modalità lavorativa ibrida, imparando a gestire e a motivare i dipendenti anche da remoto e, allo stesso tempo, sfruttare questo cambiamento per chiederci se effettivamente il nostro modello di leadership funziona o se ha margini di miglioramento. 

Nel contesto è interessante valutare punti di vista differenti, infatti non tutti i paesi adottano modelli di leadership identici e anzi, tra il Nord America e la Cina esistono profonde differenze in qust’area. 

 

Quali sono le principali differenze di leadership fra imprese occidentali e aziende orientali?

 

Lo stile di leadership si fonda sulla cultura di ciascun paese quindi è molto diverso tra Oriente ed Occidente; anche se alla base ogni leadership efficace, orientale o occidentale che sia,  è il sapersi conquistare la fiducia dei propri collaboratori. In Cina, ad esempio, esiste una maggiore distanza gerarchica tra capo e collaboratore e si tende a valutare il lavoro svolto solamente come squadra, senza considerare l’input di ogni membro.  

Al contrario negli Stati Uniti si predilige la cultura individualistica nella quale viene premiato il singolo. Le gerarchie sono molto più appiattite ed in alcune organizzazioni i ruoli poco definiti e flessibili. Quindi il modello USA è costituito da una leadership molto più aperta ed orizzontale mentre il modello cinese è ancora molto piramidale e basato sulla gerarchia. 

 

Negli Stati Uniti la leadership consiste nell’individuare un obiettivo e predisporre le risorse adeguate per raggiungerlo. Il leader in Cina invece è considerato una persona illuminata, con caratteristiche poco comuni, che, spinto da obiettivi non solamente economici, è capace di motivare i propri dipendenti a comportamenti innovativi e di grande impatto. 

 

In Cina la leadership contiene anche un aspetto di modellamento morale che risulta essere assente in Occidente. Molto spesso è proprio nella sfera etica dove si rivelano le virtù dei leader. Egli, con i suoi comportamenti, propone un modello da seguire per i suoi collaboratori. Se tali comportamenti vengono assorbiti ed emulati non è solo merito del leader ma è anche dipendente dal livello di apertura al cambiamento e alla volontà di crescita e apprendimento dei suoi collaboratori. 

Il leader in Cina non è un riferimento prettamente professionale ma ha anche un ruolo di responsabilità verso le famiglie dei suoi collaboratori. Questo è dovuto al fatto che nella cultura cinese c’è minore distanza tra sfera personale e sfera lavorativa. 

 

Nella cultura tradizionale cinese manifestare apertamente dissenso verso il proprio leader o comunicare un feedback negativo ad un collega in presenza di altre persone sono azioni da evitare in quanto il ricevente non può rispondere con i dovuti modi visto che sarebbe un comportamento culturalmente inaccettabile. Inoltre contraddire il proprio capo andrebbe contro il mantenimento della distanza gerarchica. Questo non vuol dire che i cinesi non litighino mai. Nella cultura cinese però discutere è visto come un’attività controversa più che propizia, vedendo il conflitto ed il confronto come una lacerazione delle relazioni sociali, e per questo da evitare.

 

In Occidente e negli Stati Uniti la leadership si è modificata molto negli ultimi anni integrando le risorse interne, e anche spesso esterne all’organizzazione, in un’organizzazione più “lean”.

In molte imprese i rapporti con i dipendenti sono cambiati. Molte aziende da verticalizzate si sono spostate ad un approccio più orizzontale. Sono cresciuti i team di lavoro legati ad un progetto e  le relazioni, sia con la proprietà che con il top management sono molto più diretti e aperti.  

Di conseguenza, anche la figura del leader si è modificata nel tempo. Un tempo essere leader significava essere autoritari. Il leader imponeva la propria mission all’intera azienda, confrontandosi con i suoi collaboratori in modo sporadico e principalmente con il top management.

Le decisioni erano prese in una stanza senza nessun coinvolgimento da parte dei dipendenti che erano informati solo a decisione presa. Oggi il leader deve invece riuscire a creare un insieme di valori culturali condivisi all’interno dell’organizzazione; valori e obiettivi che deve comunicare coinvolgendo maggiormente i propri collaboratori, rendendoli più partecipi e parte attiva delle decisioni aziendali. 

Sebbene i due modelli siano nettamente in contrasto, con un approccio mirato al confronto e alla comunicazione diretta in Occidente, ed una cultura molto più gerarchica e formale in Oriente, si possono trarre delle note positive da entrambe le tipologie di leadership ed adattarle al proprio stile di gestione aziendale. 

Per quanto il modello cinese possa apparire in contrasto con la cultura Occidentale si possono estrapolare dei principi utili, tenendo a mente ad esempio che non sempre il confronto e le discussioni sono per forza migliorative e possono andare a discapito delle relazioni interpersonali dei lavoratori, rendendo per assurdo il processo decisionale più lento e meno efficace. Inoltre l’idea che un leader si senta responsabile non solamente dei lavoratori ma anche delle loro famiglie, è sicuramente un principio sano da considerare.

Proprio questo momento storico, nel quale si stanno rivalutando i diversi modi di lavorare e di gestire al meglio il personale, può essere l’occasione giusta per innovare la metodologia di lavoro aziendale e lo stile di leadership dell’organizzazione. 

La figura di un consulente esterno esperto, in un contesto di cambiamento dell’organizzazione e dello stile di leadership, può essere la risorsa ottimale da inserire all’interno dell’impresa per facilitare il cambiamento e formare il management interno, e farlo senza creare frizioni dato che il leader è incaricato per la gestione del progetto di riorganizzazione ed è destinato a lasciare la gestione ai manager. TIM Management, con il suo ampio network di professionisti selezionati nel tempo ed esperti in ogni settore, può offrire la migliore assistenza, rendendo operative le risorse necessarie in tempi brevissimi.