Le donne e il mondo del lavoro: 4 falsi miti da sfatare

Nonostante la presenza in costante crescita e la maggiore flessibilità ottenuta, la rappresentanza femminile nel mondo del lavoro rimane in ritardo rispetto alle aspettative.

Le donne e il mondo del lavoro: 4 falsi miti da sfatare

Nonostante la presenza in costante crescita e la maggiore flessibilità ottenuta, la rappresentanza femminile nel mondo del lavoro rimane in ritardo rispetto alle aspettative. 

Women in the Workplace di McKinsey, realizzato in collaborazione con LeanIn.Org. è il più ampio studio sulla condizione delle donne nelle aziende di Stati Uniti e Canada. Fornisce uno sguardo approfondito sui pregiudizi e sulle difficoltà affrontate dalle lavoratrici asiatiche, nere, latine e LGBTQ+ e con disabilità.

La ricerca di quest’anno rivela che, malgrado la rappresentanza femminile nella dirigenza sia al suo massimo storico, la parità effettiva rimane ancora fortemente lontana. Innanzitutto, i processi di selezione per le donne, specialmente per ruoli di alto livello, risultano molto più lenti e pieni di ostacoli; inoltre, per le persone di colore non si riscontrano gli stessi incoraggianti valori di presenza in posizioni di rilievo della controparte bianca.

Se da un lato, è un risultato positivo il fatto che, a partire dal 2015, la percentuale di donne in posizioni di C-level sia aumentata dal 17 al 28 percento, d’altro canto, non possiamo trascurare il fatto che questa crescita non si sia riflessa negli strati gerarchici immediatamente inferiori, seppur caratterizzati da una certa seniority; inoltre, si osserva un tasso di abbandono aziendale più elevato per queste categorie rispetto agli anni precedenti, in particolare rispetto agli uomini con livello di esperienza aziendale analogo. In sostanza, ciò si traduce in una minore presenza di donne che aspirano a ruoli di vertice.

A ciò si aggiunge il dato già anticipato secondo cui, per quasi ogni passo nel processo di selezione, la rappresentanza delle dipendenti di colore diminuisce rispetto a quelle bianche e agli uomini della stessa razza ed etnia. 

Il risultato più interessante del sondaggio riguarda invece quattro luoghi comuni sulla condizione delle donne nel mondo del lavoro che sono stati sfatati.

 

Scopriamoli insieme:

1. Le donne stanno diventando meno ambiziose

In ogni fase del processo di selezione, le donne sono impegnate nelle loro carriere e interessate ad essere promosse quanto gli uomini . Le più giovani, in particolare, risultano essere notevolmente ambiziose. 9 su 10, sotto i 30 anni, vogliono essere promosse al livello successivo, e 3 su 4 aspirano a diventare leader.

Inoltre, la pandemia e l’aumentata flessibilità non hanno affievolito le loro aspirazioni, che invece sono cresciute del 10% rispetto al 2019. In poche vogliono tornare alla modalità precedente e, sebbene la maggior parte di loro stia prendendo le giuste misure per dare priorità alla propria vita personale, ciò non comporta alcun ridimensionamento delle loro aspirazioni; anzi: i vantaggi derivanti da questo nuovo stile di vita comportano un incremento della loro produttività e, di conseguenza, della loro ambizione.

 

2. Le donne hanno meno difficoltà degli uomini a raggiungere ruoli di leadership

Dalla ricerca di quest’anno, è emerso che, per ogni 100 uomini promossi dal livello base a quello di manager, altrettanto è accaduto per 87 donne (73 per quelle di colore). Il punto focale della questione non riguarda tanto se queste riescano o meno a raggiungere ruoli di pari grado rispetto ai loro colleghi maschi, ma piuttosto il fatto che impieghino più tempo per farlo. La vera disparità, infatti, è molto più evidente per quello che riguarda le promozioni anticipate. L’aumento della presenza maschile nei livelli superiori porta automaticamente a una minore disponibilità di donne da promuovere a ruoli di senior management, facendo in modo che la presenza femminile si assottigli man mano che si scala la gerarchia aziendale.

 

3. Le microaggressioni hanno un impatto poco significativo

Le microaggressioni sono una forma di discriminazione quotidiana spesso radicata nel pregiudizio. Includono commenti e azioni, anche sottili e non apertamente dannosi, che denigrano o ignorano qualcuno in base al loro genere, razza o ad altri aspetti della loro identità. Rivelano mancanza di rispetto, causano stress acuto e possono avere un impatto negativo sulle carriere e sulla salute delle donne, le quali sono due volte più esposte a questo tipo di episodi rispetto agli uomini.

Di conseguenza, il luogo di lavoro diventa per loro psicologicamente poco sicuro, il che comporta una maggiore difficoltà nell’assumere rischi, proporre nuove idee o sollevare preoccupazioni. Le conseguenze di questo fenomeno sono estremamente negative: chi subisce microaggressioni ed è costretta a difendersi da sola per evitarle è tre volte più propensa a pensare di lasciare il loro lavoro e quattro volte più incline a sentirsi prossima al burnout. Senza il controllo di questi fenomeni, le aziende rischiano di perdere dipendenti di grande talento.

 

4. Sono principalmente le donne a volere e beneficiare del lavoro flessibile

La maggior parte dei dipendenti sostiene che le opportunità di lavorare in remoto e di avere il controllo sui propri orari sono i principali vantaggi offerti dall’azienda, secondi solo alle assicurazioni sanitarie. La flessibilità è persino classificata al di sopra di benefici consolidati come il congedo parentale e l’assistenza all’infanzia. Ciò vale sicuramente per le donne, perché sono tuttora maggiormente impegnate nella cura dei figli o nelle faccende domestiche. Infatti, il 38% delle madri con figli piccoli afferma che, senza tale elasticità, sarebbero state costrette a dimettersi o a ridurre le proprie ore di lavoro. Non sono, però, le uniche a beneficiarne: il lavoro ibrido sta offrendo importanti vantaggi alla maggior parte dei dipendenti. Anche tra gli uomini, un miglior equilibrio tra lavoro e vita personale è visto come una conquista primaria e la maggioranza dichiara che ciò ha comportato una diminuzione della fatica e un minore rischio di burnout.

Le imprese con una forte presenza femminile sono tra quelle più propense a porre rimedio alle criticità emerse dalla ricerca. Monitorare i risultati per la rappresentanza delle donne, sia a livello senior che middle, attuare una politica di forte contrasto alle microaggressioni e sbloccare il pieno potenziale del lavoro agile sono tra le strategie che le aziende possono mettere in atto per favorire lo sviluppo e l’avanzamento professionale delle donne.

In conclusione, sfatare questi falsi miti è un passo importante per ottenere un ambiente lavorativo più equo e inclusivo e sostenere le pari opportunità. Le donne sono altrettanto ambiziose, capaci e impegnate degli uomini ed è fondamentale eliminare le barriere che impediscono loro di raggiungere il successo professionale.

Partner come TIM Management possono offrire consulenza strategica e soluzioni su misura. Con la sua rete di professionisti esperti, può aiutare le organizzazioni a implementare politiche e pratiche che favoriscono la diversità di genere, inclusa la riduzione delle disparità salariali, la promozione delle donne in posizioni di leadership e l’implementazione di politiche di conciliazione lavoro-famiglia. Investire in queste iniziative non solo migliora la reputazione aziendale e l’attrattività come datore di lavoro, ma porta anche a migliori risultati.

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Scopri l’Interim Management, uno strumento prezioso che rimane ancora poco conosciuto in Italia

L’attuale scenario economico si presenta sempre più incerto e sfidante per le imprese e fortemente condizionato da fattori esogeni, non controllabili da parte di imprese e imprenditori e spesso anche difficilmente prevedibili nel loro sviluppo. Le imprese sono così obbligate ad essere sempre più reattive ai cambiamenti e pronte a riorientare obiettivi e strategie in tempi rapidi e con il minor impatto economico possibile.
Ma le organizzazioni aziendali devono essere nella condizione di poter affrontare i cambiamenti in modo rapido, senza dover rinunciare alle performance e al raggiungimento degli obiettivi. Per questo molte organizzazioni, tradizionalmente solide e ben strutturate, si trovano nella difficoltà di formulare strategie e piani efficaci, in presenza di un profilo non adeguato del management o in assenza di skills ed esperienza necessarie per gestire con successo il cambiamento.
Ricorrere all’Interim Management può essere la risposta migliore all’esigenza di cambiamento e al gap di competenze interne. Gli Interim Manager sono in grado di offrire soluzioni flessibili in ambito manageriale, si propongono come professionisti di alta levatura per un periodo di tempo limitato, con un contratto di consulenza a tempo determinato. Reclutare manager temporanei offre alle società benefici tangibili, quali la loro disponibilità tempestiva, alte qualifiche ed esperienze consolidata. Profili che sono anche in grado di offrire un supporto di formazione e sviluppo alle risorse manageriali già presenti in azienda, in una fase critica come quella dei processi di cambiamento.

 

Interim Management: alcuni dati

La ricerca annuale di INIMA, il network internazionale delle associazioni di Interim Manager, offre lo spunto per un confronto tra l’Italia e gli altri paesi europei.
A gennaio 2023 ben l’86% degli Interim Manager italiani stava svolgendo un incarico, il dato più alto in Europa, dove si registra un dato del 73% medio. È un dato che potremmo considerare strutturale; infatti, la ricerca mostra che ben il 62% degli Interim Manager italiani intervistati risulta occupato con un contratto part-time, dato nettamente superiore alla media europea (26%) e a paesi come la Germania (19%) e la Francia (8%). Da sottolineare anche la crescita esponenziale di questo dato che è passato in un anno dal 40 al 62%, grazie all’esplosione dell’utilizzo di interim manager fractional. Sono dati che in buona parte si possono giustificare esaminando la struttura dell’impresa italiana, composta da migliaia di PMI di dimensioni ben più contenute rispetto agli altri grandi paesi europei. Infatti il 58% degli Interim Manager del nostro paese sono impiegati in aziende con meno di 100 dipendenti, contro il 28% della media europea, l’11% della Germania e il 18% della Francia. È una fotografia dell’impiego degli Interim Manager in Italia posizionati in PMI di dimensioni medio / piccole con un incarico part time o fractional.
Il profilo anagrafico dell’Interim Manager in Italia non si discosta molto da quello europeo: è un manager di 57 anni (in linea con l’Europa), ancora poche le donne, solo l’8% del totale ma sono poche anche in Europa, l’11%.
Un dato per certi versi sorprendente e innovativo è la contrazione dei ruoli di general management e C-Level che, pur rimanendo di gran lunga i più frequenti per gli Interim Manager, sono scesi al 59% in Europa con un calo italiano ancora più deciso che ha portato i C-Level dal 75% del 2020 al 55% del 2022. Un calo davvero brusco che in parte è stato compensato dalla crescita degli incarichi di Project Management, saliti dal 13 al 20%, e che testimonia un livello di incarichi tendenzialmente meno apicale nel nostro paese.

Gli Interim Manager, in Italia e in Europa, sono chiamati soprattutto per la Gestione del cambiamento, seguito dall’ottimizzazione dei processi e dai ruoli di general management. Il job profile più frequente rimane quello di C-Level, soprattutto CFO e COO, seguito dai CEO e General Manager.
Il canale prevalente di ricerca e reclutamento degli Interim Manager europei rimane il network personale dell’imprenditore e / o dei suoi advisor ma c’è da registrare l’ottima progressione delle società di Interim Management con il 32% degli incarichi, in crescita esponenziale rispetto al 20% del 2021.
Per concludere uno sguardo al futuro: l’utilizzo di Interim Manager in Europa è da molti trimestri in crescita; citiamo i recenti report di KPMG e REC pubblicati in UK che mostrano una tendenza consolidata verso il reclutamento di interim a livello manageriale, a scapito delle assunzioni a tempo indeterminato. Il mercato del lavoro manageriale spinge molte aziende ad aumentare l’utilizzo del talento temporaneo o a cominciare a considerare seriamente questa alternativa. Può essere molto più conveniente ed efficace in un mercato incerto affidarsi a risorse flessibili e molto esperte.

Anche nel nostro paese cresce l’utilizzo di Interim Management, ma la conoscenza di questo strumento è meno diffusa e consolidata, rispetto ad altri paesi europei. TIM Management, che dal 1987 fornisce risorse manageriali esperte per incarichi temporanei, ha aggiornato la sua ‘Guida all’Interim Management’, uno strumento prezioso per conoscere l’Interim Management, quali sono i vantaggi del suo utilizzo per imprenditori e aziende e quando è opportuno considerare questa soluzione per le organizzazioni aziendali.

Scarica la Guida all’Interim Management

 

Domenico Costa è il Presidente e uno dei fondatori di TIM Management, dove si è occupato di numerosi interventi di ristrutturazione aziendale. Durante la sua carriera ha operato come Advisor di fondi e come Amministratore Delegato di importanti realtà industriali. Ha gestito acquisizioni di Aziende in diversi settori industriali.

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