Il nostro team

La missione di TIM è quella di supportare le Aziende nelle fasi di sviluppo e/o di ristrutturazione, affiancandole nella gestione del cambiamento

Chief Information Officer: come affrontare il 2023

Rispetto all’anno appena passato, questo si prospetta essere molto più tranquillo sul fronte dell’innovazione tecnologica. Tra i buoni propositi per i prossimi mesi però, i board e leader aziendali dovranno cercare soluzioni per “fare di più con meno”: ovvero trovare valore laddove le innovazioni si sovrappongono e investire strategicamente in tecnologie che hanno raggiungendo il punto di non ritorno.

Guardare avanti richiede impegno e non è sempre semplice, ma è essenziale per tutte quelle aziende che stanno pianificando di ottenere grandi risultati nel nuovo anno.

Non è possibile prevedere con certezza cosa accadrà nel 2023 in ambito tecnologico, poiché sappiamo che l’innovazione digitale è influenzata da molteplici fattori.

Nel 2021, ad esempio, era emerso un grande entusiasmo per gli NFT, le criptovalute e il metaverso; molti di questi entusiasmi si sono assopiti quando, nell’autunno del 2022, i mercati NFT sono scesi del 90% e il metaverso appare anche oggi più un bel sogno che una realtà, soprattutto per applicazioni business.

Ma prendiamo spunto da alcuni suggerimenti dettati da McKinsey Technology, per aprire una finestra su ciò che potrebbe riservare il 2023 in ambito tecnologico e vediamo come i leader aziendali, in particolare i CIO, potranno trarne vantaggio.

Focalizzarsi sui trend tecnologici con effetto combinatorio

McKinsey definisce i 14 trend tecnologici che dovrebbero orientare l’innovazione nel 2023, tra cui l’intelligenza artificiale, la realtà aumentata e virtuale, la blockchain, la robotica e l’Internet delle cose.

Si prevede che finalmente la tecnologia 5G diventerà più diffusa e che comincerà a essere quella forza trainante per lo sviluppo di nuove tecnologie e applicazioni che ci si aspettava negli ultimi anni.

Ognuna di queste 14 tecnologie può avere singolarmente un forte impatto sulla trasformazione digitale delle imprese; basti pensare a come potrebbe migliorare l’esperienza dell’assistenza clienti grazie alle tecnologie di intelligenza artificiale.

La vera sfida per le aziende sarà però quella di attivare innovazioni tecnologiche differenti  e farle lavorare in sinergia per creare sistemi intelligenti e interconnessi, in grado di migliorare l’efficienza e la qualità dei prodotti e dei servizi e l’organizzazione delle funzioni aziendali.

La capacità di saper combinare l’effetto delle innovazioni tecnologiche più avanzate può consentire all’azienda di sfruttare al meglio le opportunità e di affrontare con successo i cambiamenti del mercato e dell’economia.

Adottare le tecnologie che portano impatto e innovazione

Il 2023 richiede ponderazione e fluidità: significa saper identificare le tecnologie chiave, valutare come esse possono influire sull’azienda e sul mercato, e pianificare come sfruttare al meglio queste opportunità in azienda.

Per farlo con successo, è necessario essere proattivi e anticipare i cambiamenti del mercato, in modo da essere pronti ad affrontarli e trarre vantaggio da essi, anziché essere colti di sorpresa e rischiare di rimanere indietro rispetto alla concorrenza.

Questa attenzione è importante perché molte tecnologie rivoluzionarie come il 5G, l’Intelligenza Artificiale e il cloud, stanno raggiungendo punti critici per l’adozione di massa. Alcuni dati dimostrano che le aziende stanno pianificando di trasferire il 60% del proprio patrimonio IT nel cloud entro il 2025, mentre il 50% delle aziende dichiara di aver adottato l’AI in almeno una funzione della propria attività.

In un contesto che si muove così velocemente è vitale per le aziende rimanere al passo con le innovazioni adottate in maniera diffusa, non farlo significa rischiare di perdere rapidamente posizioni sul mercato.

Alleggerire la burocrazia per aumentare la produttività

Nel 2023 la sfida per i CIO sarà quella di far fare di più con meno a project manager e ingegneri: ovvero meno lavoro amministrativo, meno lavoro burocratico e meno lavoro manuale. In molte grandi organizzazioni gli ingegneri dedicano solo il 50% del loro tempo allo sviluppo vero e proprio, il resto è passato in riunioni, spesso ridondanti, e ‘burocrazia interna’.

Un CIO può migliorare questo aspetto adottando alcuni semplici accorgimenti:

  • Porre maggiore attenzione alla composizione dei team; identificando chi sono i migliori performer nell’azienda e formando team di lavoro multifunzionali ed equilibrati.
  • Indagare su quante ‘distrazioni’ si possono eliminare per liberare una notevole quantità di tempo, senza impattare sui risultati; eliminando, ad esempio, incontri inutili o rendendo più produttive le sessioni di project management.
  • Investire sull’automazione e automatizzare i processi routinari di test o di conformità.

Abbracciare l’innovazione decentralizzata

Le implicazioni della tecnologia AI – come Stable Diffusion, che ha ottenuto 10.000 stelle su GitHub in meno di due mesi, o ChatGPT, che ha superato la soglia del milione di utenti in soli cinque giorni, sono enormi: dal miglioramento della ricerca, all’aumento della produttività degli sviluppatori.

I leader aziendali dovranno pensare a come i loro modelli di business potranno trarre il maggior vantaggio dalle tecnologie decentralizzate. Per il CIO o il CTO, l’attenzione dovrà essere concentrata su come rielaborare le proprie architetture per incorporare facilmente le intelligenze artificiali (come quelle di OpenAI e Stability AI) e integrarle in una più ampia gamma di applicazioni e processi. L’obiettivo finale è quello di avere una tecnologia guidata dall’intelligenza artificiale che sia integrata in ogni parte dello stack tecnologico.

Le priorità per un Manager CIO

In conclusione, nel 2023 le priorità per il CIO sono articolate e comprendono più elementi che devono essere analizzati insieme: come la business intelligence, la creazione di valore, l’aumento della produttività, l’innovazione e il mantenimento di alti livelli di sicurezza.

La pressione sarà particolarmente forte sui CIO perché dovranno riuscire a ridurre i costi mentre creano sistemi IT più efficienti, veloci e avanzati. Questa potrebbe sembrare un’impresa ardua ma rappresenta in realtà un’occasione per i CIO di introdurre innovazioni tecnologiche radicali, come è successo durante la pandemia quando la tecnologia era posta sempre al centro delle risposte delle aziende alla crisi.

Il punto d’arrivo sarà l’eliminazione degli sprechi di tempo e di risorse, riducendo drasticamente sia il lavoro manuale che le fasi di processo. Ricorrere al supporto di CIO Interim esperti con capacità maturate in situazioni analoghe e competenze verticali sul settore di riferimento, può facilitare lo sviluppo e mettere l’azienda nella posizione di accelerare, una volta che il contesto economico tenda a migliorare.

Questa è un’ottima soluzione per garantire la sopravvivenza dell’impresa nel medio periodo, senza appesantire il conto economico con costi permanenti e aumentando il bagaglio di competenze dei manager interni che, dopo un periodo di affiancamento produttivo, riprenderanno in mano le redini del business con maggiori competenze e strumenti più avanzati.

TIM Management fornisce da più di 30 anni interim manager C-Level esperti alle aziende, velocemente e con contratti estremamente flessibili.

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Il futuro non è più quello di una volta? Il CEO deve saperlo affrontare con successo

Il mondo di oggi, ma soprattutto il futuro di domani, richiedono agli imprenditori e ai CEO di avere non solo capacità di resilienza specifiche per la propria azienda ma di saper ampliare il proprio sguardo e il proprio bagaglio di competenze per prepararsi alle sfide dell’era post-COVID-19.

 

Nel corso della pandemia, le aziende si sono ampiamente adattate, spesso con successo, a nuovi modi di lavorare, abbracciando la digitalizzazione e riorganizzando le loro catene di approvvigionamento. Tutto questo è stato necessario, ma oggi non è più sufficiente.

Il futuro prossimo della leadership, nella “nuova normalità”, presuppone prontezza e disponibilità nel ripensare il modo in cui si opera e persino il motivo per cui si esiste: è necessaria la capacità di fare un passo indietro, considerando con mente aperta una prospettiva più vasta, per disegnare l’azienda del futuro e saper trovare le corrette strategie di crescita e sviluppo. 

Gli anni precedenti hanno rivelato e accelerato una serie di tendenze che avranno un ruolo sostanziale nel plasmare la futura economia globale.

5 punti chiave da affrontare, anche nella propria Impresa

Secondo i dirigenti globali intervistati da McKinsey, esistono cinque capisaldi da considerare come stella polare mentre si cerca di rafforzare le proprie difese e guadagnare terreno sui rivali:

 

  • Centrare le strategie sulla sostenibilità. Per quanto possa sembrare ripetitivo dirlo, la sostenibilità deve essere affrontata in modo sistemico, così come è avvenuto recentemente per la digitalizzazione, perché solo così potrà diventare un’importante fonte di vantaggio competitivo a lungo termine. Una possibilità concreta potrebbe essere quella di investire in tecnologie che assorbono carbonio dall’atmosfera (la cosiddetta “Carbon Capture and Storage”).
  • Trasformarsi con il Cloud. Software, database, server e reti: il potenziale del cloud per aumentare la creazione valore nel processo di innovazione è sempre più chiaro, ma ora le sue capacità sono diventate realtà, consentendo velocità e scalabilità impensabili anche solo qualche anno fa. Entro il 2030, potrebbero essere messi in gioco più di un trilione di dollari di investimenti ed è probabile che i primi innovatori potranno avvantaggiarsi in maniera significativa rispetto alla concorrenza.
  • Formare i propri dipendenti. Il talento dei propri dipendenti è la risorsa naturale più importante e le aziende leader stanno dimostrando di sapere come svilupparlo e trarne un vantaggio competitivo. Allenano e responsabilizzano piccoli team; distribuiscono il talento in base alle competenze e non alla gerarchia; e colmano le lacune attraverso la formazione e lo sviluppo. In conclusione: una migliore esperienza e un maggior coinvolgimento dei dipendenti  portano a risultati migliori.
  • Anticipare i cambiamenti con velocità. Se la pandemia ha costretto molte organizzazioni a muoversi rapidamente, ora la necessità è quella di pensare alla velocità come a un muscolo da sviluppare e mantenere, integrandola nell’organizzazione e investendo consistentemente in nuove tecnologie di collaborazione e gestione dei processi.
  • Agire con un ‘purpose’. Gli stakeholders e i dipendenti, in particolare, vogliono che le aziende con e in cui operano abbiano un purpose – uno scopo da raggiungere – e che quest’ultimo sia motivante e socialmente positivo. I dipendenti se ne andranno se non lo troveranno. Le aziende che agiscono con uno scopo hanno maggiori probabilità di generare valore a lungo termine e le persone si aspettano che le imprese facciano di più in campo sociale e per la sostenibilità; per questo gli amministratori delegati devono considerare attentamente questo aspetto e saper cristallizzare il ‘purpose’ aziendale in modo da poterlo comunicare con efficacia, all’interno e all’esterno dell’azienda.

 

In sintesi, le PMI, ma anche le grandi corporate, non assomiglieranno, o almeno non dovrebbero assomigliare, a quelle esistenti nel 2019: dovranno essere più flessibili, meno gerarchiche e operare in modo più diversificato. 

Il modo in cui queste cinque priorità vengono implementate possono variare da azienda ad azienda; alcune saranno più importanti di altre, a seconda del mercato, del settore e della posizione competitiva dell’azienda.

 

Per questo motivo TIM Management offre alle PMI il supporto di CEO Interim esperti che, grazie alla loro esperienza sviluppata in situazioni analoghe e a competenze verticali sui settori di riferimento, possono facilitare l’implementazione di una strategia vincente e garantire la sopravvivenza dell’impresa nel medio-lungo periodo. 

Da più di 30 anni il servizio messo a disposizione è veloce, con contratti flessibili e costi che non appesantiscono il conto economico; l’inserimento di un CEO Interim concorre ad aumentare il bagaglio di competenze e capacità dei manager interni che, dopo un periodo di affiancamento produttivo, riprenderanno con efficacia in mano le redini del business.

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Le priorità dei CEO in tempi di cambiamento

Gestire organizzazioni complesse oggi è molto più difficile di quanto non fosse qualche anno fa, anche solo nel 2019. Il compito più difficile per i CEO è definire le priorità, e farlo correttamente non è mai stato più importante di oggi.

Prendiamo spunto dalla ricerca annuale sui CEO di McKinsey per condividere le priorità più importanti nelle agende dei CEO di tutto il mondo. Sono le mosse che i leader stanno adottando per rafforzare le difese e guadagnare terreno sui rivali, non è un’agenda puramente difensiva, che molte aziende anche nel nostro paese stanno abbracciando.

Resilienza: la resilienza emerge come il fattore vitale per le aziende che si trovano a operare in un mondo volatile e sempre in cambiamento. Dopo la pandemia l’inflazione sembra essere qui per rimanere a lungo, le catene di approvvigionamento si sono impoverite, specialmente nel settore energetico; sono tutti fattori che spingono le aziende a lavorare su tutte le dimensioni della resilienza: finanza, operations, tecnologia, organizzazione, modello di business e reputazione. Per i CEO, la domanda principale oggi è: quanto è resiliente la tua azienda?

Coraggio: molte aziende in situazione di crisi tendono a concentrarsi su una strategia conservativa e puramente difensiva, ma questo potrebbe essere il modo migliore di perdere opportunità. I leader e le aziende migliori riescono a conciliare gli opposti: essere prudenti nel gestire il ribasso ma allo stesso tempo perseguire coraggiosamente lo sviluppo. Sono i leader che pensano al prossimo decennio, non al prossimo mese, e che spingono le loro organizzazioni a pensare alle opportunità e a reimpostare la strategia alla luce dell’attuale volatilità. Come afferma un amministratore delegato intervistato da McKinsey, “non voglio confrontare le nostre prestazioni con le aziende del settore, voglio reinventare il settore”.

Diversificazione: più della metà dei leader considera la costruzione di nuovo business una delle prime tre priorità. Il terreno più fertile per la costruzione di nuove imprese sono le tecnologie verdi; la ricerca di McKinsey ha identificato 11 aziende in questo settore il cui valore collettivo potrebbe raggiungere i 12 trilioni di dollari in pochi anni. In questi tempi di contrazione della disponibilità di finanziamenti per le startup, il CEO delle aziende consolidate ha un vantaggio: può dotare le nuove iniziative delle risorse necessarie per il successo in autonomia e farlo internamente o in una logica di open innovation.

Tecnologia: è un fattore particolarmente importante quando si cercano nuove opportunità di business sostenibili e lo è allo stesso modo per tutte le aziende non tecnologiche che stanno operando una transizione digitale. Ma questo è solo l’inizio; la tecnologia è in continua evoluzione e offre molte nuove opportunità ai CEO che desiderano trasformare il proprio business. 

Sostenibilità: la strada verso emissioni nette zero negli ultimi anni ha preso una direzione inaspettata. Gli impegni dei leader aziendali per ridurre quasi il 90% le emissioni di CO2 segnalano che il settore privato è finalmente impegnato per la sostenibilità. E sono impegni che continuano, nonostante i problemi emersi negli ultimi mesi: aumento dell’inflazione, guerra in Europa, insicurezza energetica e una potenziale recessione globale. Ci sono alcune notizie sorprendentemente buone: gli obiettivi di sostenibilità, competitività economica, convenienza e sicurezza nazionale coincidono come mai prima d’ora, i CEO più attenti lo sanno e stanno agendo di conseguenza. 

Risorse Umane: per realizzare tutto questo i leader devono saper coinvolgere attivamente i dipendenti. Negli ultimi anni, il contratto con i lavoratori è diventato un po’ troppo transazionale: ti paghiamo, ti presenti, a domani. Sulla scia della pandemia di COVID-19 e della successiva ‘great resignation’, i CEO devono saper coinvolgere i dipendenti. Il modello di lavoro ibrido giusto può essere una delle chiavi, l’obbligo di trascorrere obbligatoriamente delle giornate di lavoro in ufficio, per esempio, diventerà obsoleto molto velocemente, senza nuovi incentivi. Gli amministratori delegati devono riflettere attentamente sull’ufficio del futuro, un luogo in cui i lavoratori vogliono essere, per vedere gli amici, presentare nuove idee e trovare un significato nel loro lavoro. 

Per maggiori dettagli sulla ricerca di McKinsey e scaricare il report completo cliccare qui.

Tutte queste priorità sono importanti anche per le PMI, anche di più che per le grandi corporate data la loro intrinseca maggior vulnerabilità, ma per attuarle richiedono competenze ed esperienze che raramente sono presenti nelle organizzazioni delle piccole e medie aziende.

Per questo sempre più PMI ricorrono al supporto di un CEO Interim Manager esperto che, grazie alla sua esperienza maturata in situazioni analoghe e a una competenza verticale sul settore di riferimento, può facilitare lo sviluppo di una strategia vincente che garantisca la sopravvivenza dell’impresa nel medio periodo senza appesantire il conto economico con costi permanenti e aumentando il bagaglio di competenze dei manager interni che, dopo un periodo di affiancamento produttivo, riprenderanno le redini del business. TIM Management fornisce da più di 30 anni interim manager esperti alle aziende, velocemente e con contratti estremamente flessibili.

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Vincere in tempi di Incertezza: l’imperativo della resilienza

Tra la pandemia di Covid-19, la crisi climatica e l’incertezza geopolitica, il mondo sta attraversando dei cambiamenti sempre più rapidi, imprevedibili e senza precedenti. Nonostante questo, in tutti i settori, una buona parte delle aziende è rimasta costantemente concentrata su obiettivi a breve termine, presumendo, in maniera poco lungimirante, che le condizioni commerciali sarebbero presto tornate regolari.

Sono molti, infatti, i manager che si trovano oggi a dover ammettere che la loro azienda sta vivendo un momento particolarmente critico. Le PMI che stanno sperimentando momenti di difficoltà si stanno moltiplicando, trovandosi a soffrire per il caro-energia, per l’inflazione, per l’aumento dei tassi di interesse e per le difficoltà di approvvigionamento di varie filiere.

Per prosperare nell’anno nuovo, così come nel prossimo decennio, per un’azienda è necessario sviluppare la capacità di resilienza: ovvero quelle abilità di resistere a minacce o cambiamenti imprevedibili, che permettono di affrontare la crisi e vincerla, uscendone ancora più forti.

Le 6 dimensioni della resilienza: oltre i dati finanziari

Se la continua rivoluzione digitale sta aumentando la disponibilità dei dati, il grado di connettività e la velocità con cui vengono prese le decisioni si porta dietro dei rischi; come ad esempio potenziali blocchi dei sistemi e violazioni della sicurezza.

Nell’ottica del potenziamento, secondo un recente studio di McKinsey, le aziende devono prendere coscienza dell’importanza di essere al contempo flessibili e prudenti, e mettersi nelle condizioni di poter far fronte a circostanze così mutevoli e impreviste con rapidità ed efficacia. Ma, allo stesso tempo, le imprese, che per abitudini consolidate tendono a privilegiare l’aspetto finanziario e le aree con più immediato impatto sul conto economico, devono cambiare mentalità se non vogliono compromettere il loro business e perfino la loro sopravvivenza nel medio termine.

Il mondo di oggi richiede agli imprenditori qualcosa in più della sola resilienza finanziaria; è necessario sviluppare una capacità di resilienza specifica in tutte le singole aree funzionali in cui si sviluppa un’azienda, ecco come:

 

  1. Resilienza finanziaria. Essere resilienti sotto l’aspetto finanziario vuol dire saper diversificare gli investimenti dell’azienda, bilanciando gli obiettivi a medio e lungo termine, per proteggerla dal deterioramento dei mercati e dal ridotto accesso al capitale; dalla minore capacità di ricorrere all’indebitamento; o, per gli istituti finanziari, dal rischio crescente delle perdite su crediti. Inoltre, in un contesto così incerto è molto più equilibrato cercare di aumentare i ricavi e migliorare la situazione competitiva, piuttosto che focalizzarsi solo sul controllo dei costi.
  2. Resilienza operativa. La resilienza nelle operations dell’azienda si esprime nel mantenere una solida capacità produttiva, in grado di adattarsi ai cambiamenti della domanda e rimanere stabile di fronte ai salti di produzione dovuti alla scarsità di materie prime, senza sacrificare la qualità del prodotto.
  3. Resilienza tecnologica. Investire in infrastrutture solide, sicure e flessibili, per gestire le minacce informatiche e i guasti, mantenendo e utilizzando dati sicuri e di alta qualità, rispettando la privacy, è quella che si definisce resilienza tecnologica. Allo stesso tempo, essere resilienti significa implementare progetti IT, grandi e piccoli, con qualità elevata, puntualità e in budget; restando al passo con le esigenze dei clienti, le sfide della concorrenza e i requisiti normativi.
  4. Resilienza organizzativa. Impostare regole e standard inclusivi e flessibili per la gestione dell’organizzazione, reclutando sempre i migliori talenti, trattandoli in modo equo e migliorandone in maniera sistematica le competenze; sono tutte le caratteristiche che permettono di creare e tenere in azienda, un team di persone resilienti, con conoscenze e competenze specifiche, capaci di lavorare al meglio in condizioni mutevoli e sfidanti.
  5. Resilienza reputazionale. La velocità con cui la reputazione dell’azienda può cambiare e deteriorarsi, agli occhi dei consumatori, degli stakeholders e dei dipendenti, sta aumentando. Per ogni imprenditore è fondamentale saper prevenire le crisi che potrebbero intaccare la credibilità dell’azienda, selezionando partner e fornitori in linea con i propri valori, agendo in modo coerente e comunicando in maniera trasparente; è particolarmente importante tenere sotto controllo e monitorare l’impatto ambientale e la sostenibilità dell’azienda e della sua filiera di business, a monte e a valle.
  6. Resilienza del modello di business. Per garantire la crescita sostenibile dell’impresa, è indispensabile essere in grado di attuare strategie in grado di evolvere i modelli di business, mantenendo alta la competitività e la capacità di adattarsi ai cambiamenti, soprattutto nei periodi di crisi.

Ma quali azioni si possono intraprendere per misurare e migliorare la propria resilienza?

Gli step del processo di resilienza

Costruire un’azienda resiliente è un processo che non richiede di un approccio unico e standardizzato: ogni realtà deve agire in modo coerente con i propri obiettivi, con il proprio settore e le proprie dimensioni. Il primo passo da fare è comprendere ciò di cui si ha bisogno per il futuro e attuare cambiamenti sensati.

 

  • Svolgere un’analisi dell’ambiente esterno: bisogna chiedersi se il mercato sta crescendo o si sta riducendo in termini di numero di imprese e fatturato. Quali sono i rischi e quali le opportunità? Chi sono i concorrenti? Quali sono le previsioni future in merito all’andamento del mercato? Quali sono le policy pubbliche che lo regolamentano? Stanno cambiando?
  • Sviluppare un’analisi dell’ambiente interno: è importante capire se l’azienda è dotata delle risorse necessarie per intraprendere un piano di resilienza. Quali sono le competenze presenti in questo campo? Quali sono le figure che dovrebbero occuparsene in azienda? Ci sono le risorse per le innovazioni necessarie? Che meccanismi di controllo è necessario mettere in atto?
  • Definire un resilience plan: si deve necessariamente definire un piano d’azione concreto e avviare una mappatura dei rischi per l’impresa, corredata dalle azioni da svolgere per la gestione del rischio. Quali sono i rischi a cui è esposta la nostra azienda? Quanto è probabile che si verifichino? Come è possibile mitigarli o azzerarli? Come gestire la comunicazione in caso di emergenze?
  • Effettuare un monitoraggio efficace: una volta definito e cominciato a implementare il piano di resilienza, è necessario verificare che le soluzioni introdotte siano efficaci. In che modo queste soluzioni sono migliorabili? Come svolgere dei test periodici che permettano di verificarne l’efficacia?

 

In conclusione, un’azienda resiliente è in grado di elaborare i possibili scenari e individuare le modalità più adeguate per affrontarli e ripartire, ma è sempre il board o l’imprenditore stesso che, per primo, deve saper cogliere i segnali che evidenziano un cattivo stato di salute dell’azienda che guida. 

In questo caso l’inserimento temporaneo nell’organizzazione di un Interim Manager esperto può aiutare i vertici aziendali a identificare soluzioni innovative e formule di business alternative, adeguate alle situazioni e alle opportunità che l’azienda si trova ad affrontare.

Questa soluzione è particolarmente indicata per le PMI che raramente hanno all’interno dell’organizzazione le competenze adeguate ad affrontare i periodi di crisi e discontinuità; un manager esperto del settore, che ha già vissuto e superato con successo situazioni analoghe, è in grado di fornire una vera e propria bussola all’azienda per orientarsi verso la resilienza, nella tempesta della crisi.

PNRR e imprese: il ruolo dell’Interim Manager e il suo apporto alle PMI

Con gli stanziamenti previsti dal PNRR si aprono le porte a numerose opportunità per le PMI in ambito digitale, per la transizione ecologica, per le politiche di inclusione sociale e per l’innovazione.

 L’Italia è il principale beneficiario del programma di finanziamento europeo, con una dotazione di fondi per 191,5 miliardi di euro, suddivisi tra prestiti e sovvenzioni.

Restano da approfondire gli aspetti pratici necessari a cogliere questa grande opportunità; ad esempio come strutturare l’azienda per valorizzare al meglio le risorse europee, tema complesso per l’imprenditore medio italiano abituato ad una governance aziendale fortemente improntata a una conduzione familiare.

 Una recente indagine di Unioncamere segnala come solamente un’impresa su tre sia pronta a tradurre in progetti concreti le opportunità offerte dalle risorse finanziarie che il PNRR destina al sistema produttivo.

Il problema, che riguarda soprattutto le PMI medio-piccole, non riguarda solo la scarsa sensibilizzazione sul tema, ma anche la carenza di competenze manageriali e la sotto-managerializzazione delle nostre aziende, problemi particolarmente severi in relazione all’aumento della complessità gestionale e organizzativa, all’interno e all’esterno delle imprese, legata alle attività legate ai fondi del PNRR.

 Bisogna quindi affrontare il tema del rafforzamento manageriale: servono competenze di alto livello, e servono in tempi brevi e soprattutto servono risorse capaci di agire ed incidere velocemente sul tessuto delle PMI.

In questo contesto, le PMI devono prendere coscienza dell’importanza delle competenze e dell’affiancamento nella governance di manager specializzati, come strumento utile per accrescere internamente le competenze ed introdurre know-how; servono competenze di alto livello immediatamente operative e con la capacità di operare in contesti differenti, contribuendo allo stesso tempo ad accrescere le capacità delle persone, che saranno poi in grado di svolgere mansioni e raggiungere obiettivi in modo più efficace ed efficiente. 

L’interim manager può essere la soluzione migliore per le PMI che hanno potenziale di crescita, ma non sono ancora nella condizione di poter  investire in una risorsa esperta da inserire a tempo pieno in organico.

Gli imprenditori medio-piccoli sono sempre più attratti dalla flessibilità gestionale offerta dall’interim management, ma al contempo sono confusi sulle sue corrette modalità di utilizzo, sebbene la conoscenza che le PMI hanno dello strumento sia cresciuta nel tempo.

Rimangono quindi barriere all’entrata di tipo fiduciario, soprattutto per le PMI, in quanto è ancora oggettivamente difficile che, sulle scelte strategiche e in generale sulla gestione l’imprenditore accetti di delegare in maniera sostanziale le proprie prerogative ad un manager “di passaggio”. L’esistenza di una forte unitarietà e promiscuità di gestione tra interessi familiari e interessi aziendali comporta una minore possibilità di impattare sulla gestione dell’impresa, da parte di soggetti esterni.

 Parlando di aree di intervento in azienda, l’imprenditore tende a vedere e a privilegiare quelle con un più immediato impatto sul conto economico. Questo può risultare problematico nel contesto dell’implementazione di azioni di medio / lungo periodo quali quelle richieste dal PNRR. Esistono aree critiche in cui può rivelarsi necessario ricorrere al supporto di un manager che operi da vero e proprio coach dell’imprenditore o del management presente in azienda.

È utile quindi che L’interim manager si occupi e si focalizzi sulla gestione e sull’ottimizzazione di una singola area funzionale critica per la crescita, come l’aspetto finanziario o la gestione delle risorse umane. 

Anche le piccole imprese, quelle con un fatturato sotto i 10 milioni, si avvicinano sempre di più all’utilizzo di Interim Manager esperti, soprattutto grazie alla creazione di progetti gestiti in part time, dal momento che un manager full time potrebbe risultare ridondante, sia in funzione dei tempi che dei costi.

In quest’ottica è possibile dispiegare sul campo team di interim manager che andranno a comporre veri e propri CdA virtuali, come già in uso da anni nei mercati stranieri (Germania, USA, Regno Unito). Ad oggi sono molti i manager disponibili sul mercato, molti di loro provengono da grandi gruppi, anche internazionali e questo potrebbe creare un disallineamento qualitativo e culturale con le competenze necessarie per lavorare e gestire le necessità di una PMI.

Si è di recente espresso sul tema della convivenza tra manager e imprenditore Matteo Manzardo (Vice Presidente Vicario Confimi Industria Gruppo Giovani),: “da un lato le PMI devono prendere coscienza dell’importanza di essere affiancati da manager competenti, d’altro lato la classe manageriale deve uscire dalle teorie dei grandi manuali e adattarsi in mondo sartoriale e su misura per le esigenze delle PMI”.

 Da tenere inoltre sempre in considerazione il tema del passaggio generazionale: Confimi, sottolinea interessanti, e in alcuni casi, inattese, evidenze:

 

  • 1 giovane imprenditore su 3 (il 33,9%) ha pensato di vendere o cedere l’attività; 
  • 1 su 4 lo farebbe se fosse l’unico titolare;
  • Il 37,3% ha effettuato una fusione;
  • Il 28%, ispirato a innovativi modelli di relazioni industriali, ha pensato di creare una compartecipazione societaria con i collaboratori attualmente dipendenti.

 

In questo caso le aree critiche sono legate ad una incorretta gestione del passaggio generazionale, infatti, spesso la leadership dei giovani non viene riconosciuta dai collaboratori e dagli stakeholder, o peggio, viene minata dal predecessore, che non riesce a delegare o lasciare l’autonomia decisionale a chi potrebbe saperne di più su tematiche “nuove” come quelle in ambito digitale, tecnologico ed ambientale. 

L’indagine evidenzia un punto molto importante e molto sottovalutato: 9 giovani imprenditori su 10 ritengono infatti che il passaggio generazionale sia da affrontare anche tra i dipendenti.

 Le aspettative che il PNRR genera presso le aziende italiane sono quindi molte. È importante ricordare che una parte di fondi inutilizzati verrà re-distribuita in Europa e c’è da auspicarsi che non accada come con i fondi europei precedentemente stanziati di cui il nostro paese è riuscito ad utilizzare solo il 40%.

 

In conclusione, il PNRR richiede capacità tecniche, gestionali e risorse umane specializzate per essere gestito al meglio, richiede uno spirito innovativo, per accedere alla risorse stesse, in termini di bandi e burocrazia.

L’utilizzo di un Interim Manager esperto potrebbe permettere un passo in avanti a tutto il tessuto produttivo e dei servizi. TIM Management, con il suo ampio network di manager esperti,  selezionati nel tempo ed con esperienza in ogni settore, può aiutare l’imprenditore a individuare soluzioni innovative e formule di business alternative e adeguate alla situazione e alle opportunità presenti e lo può fare contando sull’esperienza di oltre 500 incarichi in 35 anni di attività; incarichi che sono stati operati in larghissima maggioranza proprio presso le PMI, costruendo nel tempo una cultura di interim management tagliata su misura sulle esigenze e sulla cultura dell’impresa italiana.